Molto bello l'articolo di Ilvo Diamanti, sociologo, nella sua rubrica "Bussole", per Repubblica.it. Ne riporto integralmente il testo. Penso sia una lucida fotografia della realtà rispetto al tema "sicurezza". Di questi tempi ce n'è un gran bisogno.
Radical chic e radical choc
UMBERTO Bossi, dopo il voto finale della Camera al "pacchetto sicurezza", ha sostenuto che lui "sa ascoltare la gente". Si riferiva all'ammonimento del Presidente della Repubblica contro il rischio della xenofobia. Ma voleva, soprattutto, commentare la posizione e le parole del Pd contro i contenuti del decreto. Contro le norme che legittimano le ronde. Contro la tendenza, generalizzata, a stigmatizzare gli immigrati; a rendere più difficile e "costosa" la loro condizione. Clandestini, irregolari. Ma anche regolari. Bossi ha osservato che questi atteggiamenti appaiono una sorta di suicidio in diretta della sinistra. E, in effetti, ha ragione. Non sul suicidio in diretta, visto che il "cupio dissolvi" della sinistra italiana ha una storia molto più lunga. Impegnata com'è a frammentarsi, dividersi, combattere anzitutto con se stessa e al proprio interno. Però è vero che, su questi (e molti altri) argomenti, la sinistra italiana - e non solo italiana - appare lontana dal sentire comune. Mentre la Lega, invece, lo interpreta fino in fondo. Anzi: lo moltiplica, lo amplifica. Non c'è bisogno di sondaggi per sapere che gli italiani del Nord, ma anche del Sud, come quelli delle regioni del Centro, tradizionalmente di sinistra, si sentono "insicuri". E vedono negli immigrati una causa della loro insicurezza. Anzi: la causa principale. Non solo gli italiani poveri delle periferie effettivamente "insicure", che condividono con gli immigrati, ancor più poveri di loro. Anche quelli mediamente o largamente ricchi sono altamente insicuri. Temono per la propria incolumità. Per la "sicurezza" della propria famiglia. Della propria abitazione. Della propria persona. La Lega in questa Italia è molto presente. Ha occhi e orecchie dovunque, perché dispone di tanti militanti sparsi sul territorio, oltre che di tanti elettori. La votano anche per questo. Perché la Lega li ascolta, ne annusa gli odori, ne coglie il rumore di fondo, l'insofferenza, la frustrazione, l'insoddisfazione. La paura. E non si limita a raccogliere questi sentimenti, ma li riverbera e li enfatizza. In modo "iperrealista" più che realista (riprendo una suggestione di Carlo Marletti). Ne riproduce e ripropone alcuni particolari in modo fotografico e talmente ingrandito da deformarli. Sui provvedimenti del decreto sicurezza possiamo stare sicuri: ha ragione la Lega. Gli italiani del Nord e anche di altre zone del paese stanno dalla sua parte. Lo dicono i sondaggi. Ne siamo sicuri. Altrimenti Berlusconi non si sarebbe schierato tanto entusiasticamente accanto a Maroni. Fino ad oggi il Cavaliere sull'immigrazione ci era andato sempre cauto. Non gli è mai piaciuto dispiacere. Invece, questa volta non si è limitato a dileggiare la sinistra "radical chic" ma si è espresso con un linguaggio "radical choc". Fino a sostenere che "l'Italia non sarà mai un paese multietnico". Oggi, che ci vivono 4-5 milioni di immigrati. Un po' fuori tempo. Si è, dunque, convertito al verbo leghista, come ha osservato con malcelata ironia - e soddisfazione - Umberto Bossi. In nome della legge del marketing. L'unica legge a cui il Cavaliere si adegui veramente. Perché i sondaggi dicono quel che tutti noi immaginiamo, anche senza averli fatti o visti. Cioè: gli italiani sono d'accordo con ogni legge e ogni provvedimento che prometta di "respingere gli stranieri". E insieme a loro il mondo che incombe su di noi. Le crisi di ogni genere. Le povertà e la criminalità. Le bande criminali. Sono d'accordo con Maroni e la Lega - azzardo una stima, come fa a volte il Cavaliere, esagerando un po' - almeno due italiani su tre. Almeno. Quindi anche molti elettori di sinistra, che dicono ai loro partiti e ai loro dirigenti: ma basta! Difendere gli accattoni, i poveracci, i malandrini, gli stranieri, gli immigrati. Basta. E basta: aprire le porte al mondo. Fare entrare gli stranieri a casa nostra. Com'è avvenuto fino ad oggi per colpa - appunto - della sinistra. Come ha scandito il "Berlusconi radical choc", pochi giorni fa. Anche se - ma forse la memoria non ci aiuta - la legge in vigore fino ad oggi è denominata "Bossi-Fini". E si riferisce al Bossi di sempre e al Fini di qualche anno fa. Prima che cambiasse ruolo e identità. Lui sì: convertito. E' vero: la sinistra è impopolare, perché non la votano più neppure gli operai. Perché è lontana dal popolo. Radical chic. Non vincerà mai se non ascolterà il suo popolo. Come sa fare la Lega. Tallonata da Berlusconi, che magari non passa il tempo nei bar di paese, come i leghisti, ma ha un paio di sondaggi al giorno che ascoltano la gente per suo conto. Tutto ciò, semmai, suggerisce una domanda, relativa a un'altra epoca, finita e irripetibile. La prima Repubblica, quando i sondaggi non c'erano o comunque non si usavano con questa frequenza. Ma i partiti maggiori erano radicati e presenti sul territorio quanto e anzi più della Lega. La Dc e il Pci come avrebbero agito negli anni Cinquanta e Sessanta se avessero ascoltato e soprattutto assecondato la gente? Se avessero inseguito il sentimento popolare? Allora non c'erano gli immigrati provenienti da tutto il mondo. Allora. Erano gli italiani a emigrare in giro per il mondo. Allora. Oppure migravano all'interno. Si trasferivano dal Sud al Nord. Dal Nordest a Nordovest. A Torino oppure a Milano. Se avessero dato ascolto alla gente, il Pci e prima di tutto la Dc. Nel Nord: forse avrebbero promosso i respingimenti degli immigrati siciliani o napoletani. Magari, perché no? anche veneti. Gli immigrati nostrani. Minaccia per l'ordine, l'etica e l'estetica. Sporchi, ignoranti e disonesti. Non c'è bisogno di sondaggi. Vi sono molti documenti: letterari, storici, giornalistici. Basta averci vissuto, in quel tempo. Io, figlio di veneti, ho girato il Nordovest fino all'adolescenza. D'altronde, non ci vuole grande sforzo di memoria. Basta tornare agli anni Ottanta, ai tempi dell'insorgenza leghista. I "nemici" erano Roma, il Sud, i meridionali. Molto più degli africani, che d'altronde erano ancora pochi. Lo slogan "Meglio negri che terroni" risuonava spesso. E sulle superfici più singolari apparivano incitamenti alle forze naturali: "Forza Etna! Forza Vesuvio! Fate il vostro dovere". Se si fossero inseguiti i sentimenti del popolo, se si fosse ascoltata la "voce della gente", allora, il "decreto sulla sicurezza" avrebbe avuto altri bersagli. Non ci risulta sia mai avvenuto, nella prima Repubblica. Perché in democrazia, si dice, la maggioranza vince e governa, com'è giusto (anche se non è nel giusto). Il problema, semmai, è chi "rappresenta" il popolo. Come lo rappresenta. La sinistra, si dice, non lo sa ascoltare. E va bene. Siamo d'accordo. Però la destra, forse, lo ascolta anche troppo. E, anzi, fa del suo meglio perché esprima tutte le sue paure, tutta la sua insofferenza, tutta la sua intolleranza. Chissà cosa avverrebbe (e magari avverrà) se, in nome della sicurezza, qualcuno proponesse la pena di morte. Qualche punto percentuale, alle elezioni, potrebbe guadagnarlo. E qualche punto percentuale avrebbero potuto guadagnarlo i partiti di massa cavalcando l'intolleranza "interna". Magari in modo incrociato. Accentuando le tensioni territoriali. Il localismo in Italia ha radici profonde, anche se, per prudenza, non sono mai state "scoperte". Fino a ieri. La rappresentanza non è un'opera automatica, notarile. Non è uno specchio. Semmai è come una fotografia. Dipende dal fotografo scegliere come rappresentare la realtà. Su quale particolare puntare l'obiettivo. Quanto ingrandirlo. Quali emozioni cogliere, quanto e come amplificarle. Perché tutti siamo, in misura diversa, buoni e intolleranti. Xenofobi e generosi. Invidiosi e disponibili. Egoisti e altruisti. Impauriti e tranquilli. Poi, molto dipende dallo specchio che viene offerto. La sinistra, narcisa e irrealista, propone un'immagine radical chic. La destra è iperrealista. Offre un'immagine radical choc. Meglio evitare di guardarsi allo specchio. (15 maggio 2009)
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