lunedì 11 maggio 2009

Referendum: qualcuno nel P.D. ci ripensa

Ecco cosa pensa Daniele Marantelli, l'onorevole P.D. di Varese più vicino alla Lega. Ricordo che Marantelli ha conseguito alle ultime elezioni politiche un ottimo risultato per il P.d. in una terra "ostile" al centro-sinistra come Varese.

"VARESE - La campagna per il «sì» al referendum sul sistema elettorale lanciata con de­terminazione dal segretario Dario Franceschini sta seminando forti perplessità nelle fila del partito. Il premio di maggioranza assegnato alla singola lista più votata - a turno unico - cancellerebbe ogni verosimile chance di vit­toria del centro sinistra in qualsiasi ele­zione politica nazionale. Perché mai allora spingere per una simile riforma, utile soltanto a un forte partito di centrodestra qual è il Pdl di Berlusconi?
Tra i democratici varesini di più lungo corso, sia ex Margherita come Giuseppe Adamoli, sia ex Ds, abituati a dire quel che pensano, si tratta di un clamoroso errore. E' vero che il Pd so­stenne a suo tempo l'iniziativa del comitato, ma, nota il deputato Daniele Marantelli, «la politica si evolve e non si capisce perché mentre il Pdl supera le sue contraddizioni lasciando libertà di voto, noi ci intestardiamo su una posizione sbagliata. Non è che debbano sempre essere gli altri gli unici furbi».
A Franceschini viene riconosciuto una sola parte di ragione: «La legge Calderoli è una porcata e va cambiata. Ma la legge che avremmo se vincesse il sì al referendum sarebbe peggiore. Liste bloccate, maggioranza assoluta alla lista di maggioranza relativa e non alla coalizione. Franceschi­ni pensa poi di cambia­re una legge varata con un referendum? Berlu­sconi dice di no ed è dif­ficile dargli torto. Stia­mo attenti a non sotto­valutarlo: Berlusconi ha capito la forza di quel referendum e sta cominciando a usarla. Perché è il solo a poter­ne trarre un grosso vantaggio: sono certo che se vincesse il sì, an­dremmo a elezioni anticipate e lui si prenderebbe tutto, da so­lo, con la maggioranza assoluta in Par­lamento».
La Lega compatta sta infatti alzando le barricate fino a minacciare la crisi, coerente con una battaglia che ritiene decisiva per la sopravvivenza stessa del Carroccio.
«E’ chiaro che Berlusconi - è ancora l’analisi del "leghista rosso" Marantel­li - dopo avere polverizzato An, punta a fagocitare la Lega, già ora ad autonomia' politica ridotta, facen­done una semplice corrente del Pdl., E la storia di Berlusconi, imprenditore e politi­co, ci dice che quando è vicino a una preda non se la fa mai sfuggire».
L'episodio del predelli­no in piazza San Babi­la, insegna: partito unico, proclamò. Fini e An si ribellarono, ma in un anno la fusio­ne si è compiuta. Ma appunto la Lega non sta facendo cam­pagna per il «sì». E' invece France­schini a lanciare un clamoroso boome­rang al partito di cui è appena arriva­to alla guida. Non era ormai tramonta­ta con l'addio di Walter Veltroni l'illusione del Pd «a vocazione maggioritaria», capace di vincere da solo, senza alleati? «Già - ammette Marantelli - é così. La semplificazione del sistema politico l'abbiamo ottenuta già con la scelta di correre da soli. Ma il bilancio di questi mesi dice chiaramente che ora ci troviamo più deboli e non più forti. Occorre quindi mutare strategia, e farlo al più presto.
Dobbiamo costruire un centrosinistra capace di lanciare una sfida vincente al Pdl già alle ele­zioni regionali dell'anno prossimo. Anche perché da tempo chi vince le regio­nali poi vince anche le politiche suc­cessive».


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