lunedì 29 giugno 2009
Una conferma: per la Brianza decide Roma
Nonostante le smentite, i distinguo, il risultato elettorale (favorevole, non certo travolgente) chi comanda in casa centro-destra è uno solo: Roma.
Veramente, non capisco chi oggi si stupisce. Era già chiaro nella spartizione delle candidature. Le scelte decise altrove, con candidati proposti con il consueto manuale “Cancelli”.
Certo, qualche buona candidatura c’era. Espressione del territorio. Ma un presidente ex-AN, romano, alla guida della Provincia di Monza e Brianza sembrava impossibile, in una terra a forte vocazione berlusconiana e leghista.
Comunque gli elettori hanno premiato il centrodestra. O forse, per meglio dire, hanno punito il centro-sinistra. Anche questo, al Nord, non dovrebbe stupire più di tanto.
Ora, siamo precipitati nella “farsa”. Domenica scorsa i plenipotenziari del P.D.L. e della Lega in Brianza e il presidente della Provincia (nell’ordine: Ponzoni, Romeo, Allevi) avevano presentato la loro lista di assessori provinciali. Nei tempi previsti. Il difetto: era troppo “federalista”. Nel senso che l’avevano decisa in autonomia, senza passare da Milano e soprattutto da Roma.
Ebbene, il coordinatore del P.D.L. lombardo, che guarda caso è il Presidente della Provincia di Milano Podestà, ha bloccato tutto. E tutti quanti hanno dovuto fare retromarcia, rimediando quel che si dice, una brutta figura o come dice l’onorevole lumbard Grimoldi la situazione è “imbarazzante” (MB NEWS 27.06.09)
Solo la Lega, in questo panorama “desolante”, non ha cambiato la sua “rosa” di assessori.
Sicuramente la giunta troverà “la quadra”, ma se il buongiorno si vede dal mattino…..
Tutto fa brodo…per aiutare Podestà
In un mio post del 16 aprile scorso, raccontavo della “misteriosa” storia dei cinque comuni brianzoli che ancora votavano per la Provincia di Milano.
I comuni in questione, vale la pena ripeterlo, sono: Lentate sul Seveso, Roncello, Busnago, Cornate d’Adda, Caponago. I cinque comuni, che insieme totalizzano circa 40.000 abitanti, come da previsioni hanno votato in maggioranza il candidato del centro-destra, Guido Podestà.
Lo scarto, in termini numerici, è a favore del nuovo presidente della Provincia di Milano di 772 voti.
Non un’enormità, sul totale dei votanti, ma se guardiamo la differenza tra i due candidati (4.600 voti) risulta importante, eccome.
Allora il sospetto che a Roma il P.D.L. ha fatto “melina” per non far entrare questi comuni nelle votazioni per la propria provincia, che è quella di Monza e Brianza, diventa quasi realtà.
I comuni in questione, vale la pena ripeterlo, sono: Lentate sul Seveso, Roncello, Busnago, Cornate d’Adda, Caponago. I cinque comuni, che insieme totalizzano circa 40.000 abitanti, come da previsioni hanno votato in maggioranza il candidato del centro-destra, Guido Podestà.
Lo scarto, in termini numerici, è a favore del nuovo presidente della Provincia di Milano di 772 voti.
Non un’enormità, sul totale dei votanti, ma se guardiamo la differenza tra i due candidati (4.600 voti) risulta importante, eccome.
Allora il sospetto che a Roma il P.D.L. ha fatto “melina” per non far entrare questi comuni nelle votazioni per la propria provincia, che è quella di Monza e Brianza, diventa quasi realtà.
sabato 27 giugno 2009
Gli artigiani traditi dal governo "amico" ?
E meno male che doveva essere il governo "amico" degli artigiani e delle P.M.I. (Piccole Medie Imprese). Leggetevi questo comunicato stampa dell'Unione Artigiani ed ognuno tragga le sue considerazioni. Le mie sono le seguenti: siccome si parte dal presupposto che, anche per questo governo, come per i governi Prodi precedenti, gli artigiani sono tutti evasori e non si vuole investire sui controlli, ecco la nuova stangata negli studi di settore.
Una grande occasione per l'opposizione di farsi sentire. Ma avranno voglia ?
ALLARME DAGLI UFFICI FISCALI DELL’UNIONE ARTIGIANI
Gli studi di settore ignorano la crisi:stangata sulle imprese artigiane
I nuovi parametri, tra l’altro resi noti all’ultimo momento, impongono adeguamenti per risultare “congrui” ben più pesanti rispetto allo scorso anno (mediamente più 15-18%).Colpite maggiormente le imprese più piccole e penalizzati i costi del personale proprio,mentre l’artigianato si sforza di non ridurre la mano d’opera.Unione Artigiani: “Servirebbe un intervento urgente del ministero delle Finanze!”
MONZA, 24 giugno 2009 - “Speriamo proprio che, così come promesso dal Fisco, gli studi di settore 2010, che saranno applicati su costi e ricavi di questo disastrato 2009, siano davvero meno gravosi per le imprese artigiane, perché stiamo amaramente verificando che quelli introdotti quest’anno si presentano, in molti casi, come una vera e propria stangata rispetto a quelli del 2008”.
La preoccupata constatazione viene dagli uffici fiscali dell’Unione Artigiani della Provincia di Monza e Brianza che proprio in questi giorni stanno lavorando alle denunce 2009 relative ai costi e ricavi del 2008 e che si trovano costretti a comunicare ai loro assistiti che le cifre per adeguarsi ai nuovi parametri degli studi di settore, ed essere così ritenuti “congrui”, risultano sensibilmente maggiori rispetto a quelle dello scorso anno.
“Per verificarlo – spiega il segretario generale dell’Unione, Marco Accornero – abbiamo infatti provveduto ad alcune campionature realizzate applicando ai nuovi studi di settore i costi e ricavi del 2007, per avere così dati confrontabili. Ebbene, così facendo è risultato che i parametri di quest’anno impongono una maggior onerosità che mediamente si aggira tra il 15 e il 18% .Nel dettaglio è ancor più amaro verificare che sono maggiormente penalizzate le imprese più piccole e alcune categorie in particolare, come ad esempio i parrucchieri colpiti dal nuovo e inedito parametro di valutazione della congruità che considera un maggior consumo energetico come indice di maggior ricavo (…senza badare molto al fatto che, nel secondo semestre 2008, i prezzi dell’energia sono schizzati al cielo!)”.
QUALCHE ESEMPIO DELLE COMPARAZIONI
Oreficeria: un ricavo 2007 di 100 mila euro, ritenuto congruo in base ai parametri dell’anno scorso, con gli studi di settore di quest’anno si vedrebbe imporre un adeguamento di 5 mila euro (che va poi ad incidere sulla dichiarazione dei redditi e sull’IRPEF facendo scattare l’aliquota più pesante)Salone di parrucchiere: nel 2008, sui ricavi 2007, gli era stato richiesto un adeguamento di quasi 14 mila euro. Con gli attuali studi di settore l’adeguamento risulta di 24 mila euroScatolificio: con un ricavo 2007 di 210 mila euro valutato congruo, quest’anno si vedrebbe imporre un adeguamento di 18 mila euro per essere ritenuto congruo.
In poche parole si può affermare che gli studi di settore 2009 hanno ignorato la crisi in atto, sebbene si applichino sull’andamento del 2008 che, almeno per gli ultimi quattro mesi, è stato un anno già colpito dalla congiuntura negativa tuttora in atto.
“Era legittimo sperare in un po’ di clemenza e che non determinassero incrementi rispetto allo scorso anno. E invece niente di tutto questo – ribadisce Marco Accornero - Per di più, come sempre, i nuovi parametri sono stati comunicati all’ultimo momento (a fine maggio) mentre, stando a quanto pubblicato in Gazzetta Ufficiale, dovevano essere resi noti già da dicembre del 2008 dando modo così agli imprenditori di evitare pesanti adeguamenti dell’ultima ora come quelli che i nostri uffici sono costretti a proporre in queste ore ai loro assistiti”.
Ma non è tutto, perché un altro riscontro che lascia l’amaro in bocca.
“Sempre sulla base delle nostre comparazioni si deduce infatti che quest’anno sono stati introdotti parametri più gravosi per quanto riguarda i costi del personale – spiega il segretario dell’Unione - Si tratta di una scelta ingiustamente penalizzante per gli imprenditori artigiani che, nonostante le difficoltà reali provocate dalla crisi, dimostrano, dati alla mano, di aver responsabilmente scelto di non ridurre i loro dipendenti. E questo anche se è evidente che, con meno lavoro, il personale produce minor ricavo. Ma di questo il Fisco ha dimostrato di non voler tener conto.”
E ora cosa succede?“Succede che questa stangata non può essere bloccata senza un auspicabile e urgente intervento del ministero delle Finanza – conclude Accornero – Suggerire agli artigiani di non adeguarsi e quindi di “auto dichiararsi” non congrui non è nel nostro stile e responsabilmente non ci sentiamo di farlo, anche perché le nostre imprese rischierebbero un incrudimento dei controlli. Manteniamo e diffondiamo il nostro dissenso rispetto a quanto sta succedendo e fin da oggi lo adoperiamo per sollecitare decisamente al Fisco una netta inversione di tendenza per gli studi di settore 2010 che andranno applicati su costi e ricavi di questo terribile 2009, chiedendo anche che, come previsto per legge, vengano comunicati già a settembre di quest’anno”.
P.S.: Berlusconi disse, qualche tempo fa, che non pagare le tasse per cento era qualcosa di moralmente giustificabile quando queste erano al 50-60 % (Panorama, 2 aprile 2008). Lo direbbe anche adesso ?
Una grande occasione per l'opposizione di farsi sentire. Ma avranno voglia ?
ALLARME DAGLI UFFICI FISCALI DELL’UNIONE ARTIGIANI
Gli studi di settore ignorano la crisi:stangata sulle imprese artigiane
I nuovi parametri, tra l’altro resi noti all’ultimo momento, impongono adeguamenti per risultare “congrui” ben più pesanti rispetto allo scorso anno (mediamente più 15-18%).Colpite maggiormente le imprese più piccole e penalizzati i costi del personale proprio,mentre l’artigianato si sforza di non ridurre la mano d’opera.Unione Artigiani: “Servirebbe un intervento urgente del ministero delle Finanze!”
MONZA, 24 giugno 2009 - “Speriamo proprio che, così come promesso dal Fisco, gli studi di settore 2010, che saranno applicati su costi e ricavi di questo disastrato 2009, siano davvero meno gravosi per le imprese artigiane, perché stiamo amaramente verificando che quelli introdotti quest’anno si presentano, in molti casi, come una vera e propria stangata rispetto a quelli del 2008”.
La preoccupata constatazione viene dagli uffici fiscali dell’Unione Artigiani della Provincia di Monza e Brianza che proprio in questi giorni stanno lavorando alle denunce 2009 relative ai costi e ricavi del 2008 e che si trovano costretti a comunicare ai loro assistiti che le cifre per adeguarsi ai nuovi parametri degli studi di settore, ed essere così ritenuti “congrui”, risultano sensibilmente maggiori rispetto a quelle dello scorso anno.
“Per verificarlo – spiega il segretario generale dell’Unione, Marco Accornero – abbiamo infatti provveduto ad alcune campionature realizzate applicando ai nuovi studi di settore i costi e ricavi del 2007, per avere così dati confrontabili. Ebbene, così facendo è risultato che i parametri di quest’anno impongono una maggior onerosità che mediamente si aggira tra il 15 e il 18% .Nel dettaglio è ancor più amaro verificare che sono maggiormente penalizzate le imprese più piccole e alcune categorie in particolare, come ad esempio i parrucchieri colpiti dal nuovo e inedito parametro di valutazione della congruità che considera un maggior consumo energetico come indice di maggior ricavo (…senza badare molto al fatto che, nel secondo semestre 2008, i prezzi dell’energia sono schizzati al cielo!)”.
QUALCHE ESEMPIO DELLE COMPARAZIONI
Oreficeria: un ricavo 2007 di 100 mila euro, ritenuto congruo in base ai parametri dell’anno scorso, con gli studi di settore di quest’anno si vedrebbe imporre un adeguamento di 5 mila euro (che va poi ad incidere sulla dichiarazione dei redditi e sull’IRPEF facendo scattare l’aliquota più pesante)Salone di parrucchiere: nel 2008, sui ricavi 2007, gli era stato richiesto un adeguamento di quasi 14 mila euro. Con gli attuali studi di settore l’adeguamento risulta di 24 mila euroScatolificio: con un ricavo 2007 di 210 mila euro valutato congruo, quest’anno si vedrebbe imporre un adeguamento di 18 mila euro per essere ritenuto congruo.
In poche parole si può affermare che gli studi di settore 2009 hanno ignorato la crisi in atto, sebbene si applichino sull’andamento del 2008 che, almeno per gli ultimi quattro mesi, è stato un anno già colpito dalla congiuntura negativa tuttora in atto.
“Era legittimo sperare in un po’ di clemenza e che non determinassero incrementi rispetto allo scorso anno. E invece niente di tutto questo – ribadisce Marco Accornero - Per di più, come sempre, i nuovi parametri sono stati comunicati all’ultimo momento (a fine maggio) mentre, stando a quanto pubblicato in Gazzetta Ufficiale, dovevano essere resi noti già da dicembre del 2008 dando modo così agli imprenditori di evitare pesanti adeguamenti dell’ultima ora come quelli che i nostri uffici sono costretti a proporre in queste ore ai loro assistiti”.
Ma non è tutto, perché un altro riscontro che lascia l’amaro in bocca.
“Sempre sulla base delle nostre comparazioni si deduce infatti che quest’anno sono stati introdotti parametri più gravosi per quanto riguarda i costi del personale – spiega il segretario dell’Unione - Si tratta di una scelta ingiustamente penalizzante per gli imprenditori artigiani che, nonostante le difficoltà reali provocate dalla crisi, dimostrano, dati alla mano, di aver responsabilmente scelto di non ridurre i loro dipendenti. E questo anche se è evidente che, con meno lavoro, il personale produce minor ricavo. Ma di questo il Fisco ha dimostrato di non voler tener conto.”
E ora cosa succede?“Succede che questa stangata non può essere bloccata senza un auspicabile e urgente intervento del ministero delle Finanza – conclude Accornero – Suggerire agli artigiani di non adeguarsi e quindi di “auto dichiararsi” non congrui non è nel nostro stile e responsabilmente non ci sentiamo di farlo, anche perché le nostre imprese rischierebbero un incrudimento dei controlli. Manteniamo e diffondiamo il nostro dissenso rispetto a quanto sta succedendo e fin da oggi lo adoperiamo per sollecitare decisamente al Fisco una netta inversione di tendenza per gli studi di settore 2010 che andranno applicati su costi e ricavi di questo terribile 2009, chiedendo anche che, come previsto per legge, vengano comunicati già a settembre di quest’anno”.
P.S.: Berlusconi disse, qualche tempo fa, che non pagare le tasse per cento era qualcosa di moralmente giustificabile quando queste erano al 50-60 % (Panorama, 2 aprile 2008). Lo direbbe anche adesso ?
giovedì 25 giugno 2009
Denunciamo i cinesi, ci rovinano
E' di qualche giorno fa un interessante articolo a firma di Oriana Liso su Repubblica edizione Milano.
Raccontava della protesta dei parruchieri italiani, raccolta dall'Unione Artigiani, di fronte alla concorrenza, a loro dire sleale, dei parrucchieri cinesi. I parrucchieri cinesi infatti applicano tariffe che arrivano ad un terzo di quelle dei parrucchieri italiani meno cari.
Secondo i parrucchieri italiani sono tariffe impraticabili per chi segue alla lettera leggi e regole. Per questo i 2400 associati parrucchieri all'Unione Artigiani hanno protestato, ascoltati dal segretario degli artigiani di Milano Marco Accornero.
Il quale rilancia: "Il costo orario di un lavoratore in regola è € 24-25. Come si può pensare di fare pieghe a 6 euro ? ".
Protesta razzista ? Accornero taglia netto: "Uno su dieci nel nostro settore è straniero. Abbiamo ottimi servizi di integrazione con diverse comunità. L'unico problema con i cinesi è che si deve giocare ad armi pari".
L'appello non è rimasto inascoltato anche dall'Ispettorato del Lavoro e dalla sezione Annonaria della Polizia Locale: con un controllo a campione su tredici attività i primi hanno trovato non in regola un negozio su due. I problemi: dipendenti in nero o clandestini.
La Polizia Locale invece ha fatto 130 controlli su attività in prevalenza cinesi: staccati 96 verbali per violazioni di vario genere.
mercoledì 24 giugno 2009
Il conto, please.
Adesso la Lega presenta il conto. Alle provinciali di Milano, dopo lo "sforzo" di aver appoggiato Guido Podestà, adesso i leghisti chiedono 3 o 4 assessorati: sicurezza (chiaramente), urbanistica, infrastrutture e trasporti.
Deve essere costato molto ai leghisti l'appoggio ad un candidato come Podestà, certamente estraneo al territorio.
Ricordo infatti le dichiarazioni pre-campagna elettorale di Matteo Salvini, capogruppo leghista in consiglio comunale, deputato, e ora eurodeputato. Il buon Salvini invitava gli elettori leghisti ad astenersi per il secondo turno delle provinciali, in quanto di mezzo c'erano i referendum sulla legge elettorale. Salvo, subito dopo, farsi fotografare a Pontida, al raduno leghista, sottobraccio con un Podestà con la sciarpa verde al collo. Non vorrei che quella sciarpa al collo adesso Salvini la voglia stringere.....
Deve essere costato molto ai leghisti l'appoggio ad un candidato come Podestà, certamente estraneo al territorio.
Ricordo infatti le dichiarazioni pre-campagna elettorale di Matteo Salvini, capogruppo leghista in consiglio comunale, deputato, e ora eurodeputato. Il buon Salvini invitava gli elettori leghisti ad astenersi per il secondo turno delle provinciali, in quanto di mezzo c'erano i referendum sulla legge elettorale. Salvo, subito dopo, farsi fotografare a Pontida, al raduno leghista, sottobraccio con un Podestà con la sciarpa verde al collo. Non vorrei che quella sciarpa al collo adesso Salvini la voglia stringere.....
Deserto rosso dal Ticino a Trieste
Dal Corriere.it di oggi (presente anche sull'edizione cartacea odierna) pubblico volentieri questo articolo interessante del giornalista Dario Di Vico. In miei numerosi post ho affrontato questo tema:
Lombardia e Nordest che producono il 34% del Pil diventano zona «no left»
Già dal nome si capisce che Ivan Malavasi fa parte dell'album di famiglia della sinistra. Iscritto per la prima volta al Pci nel 1967, quando aveva 19 anni, oggi è il presidente degli artigiani della Cna. Quegli artigiani che erano «rossi» e oggi «votano indifferentemente Pdl, Lega e Pd decidendo volta per volta». Dai sondaggi interni, che Malavasi e i suoi fanno di tanto in tanto, viene fuori, infatti, che il voto d’appartenenza non esiste più e gli artigiani della Cna non si sentono in dovere di votare Pd. Anzi. A Varese tra i sette vice-presidenti della Cna meno della metà vota centro-sinistra e grosso modo le stesse proporzioni si ritrovano tra i membri del consiglio provinciale.
La débâcle elettorale dei Democratici nel Lombardo-Veneto si spiega anche così con la diaspora dei «suoi» artigiani che segue la fascinazione leghista sulla classe operaia. Se non ci fossero le amministrazioni di Mantova, Padova e alla Provincia di Rovigo per i progressisti sarebbe un deserto politico, un’immensa zona no left dal Ticino a Trieste. «In queste terre oggi c’è disagio, quasi rabbia, verso la politica e la sinistra paga il prezzo più salato per l’ormai cronica incapacità di interpretare bisogni e aspettative dei ceti produttivi» sostiene Malavasi. Lo scollamento si percepisce anche tra gli otto milioni di iscritti alla Lega Coop. Una volta il voto rosso andava in automatico, oggi non più. Il mondo della cooperazione si sente trascurato dal Pd e i dirigenti della Lega Coop hanno sottoscritto con il governo la riforma del sistema contrattuale, quella avversata con ogni forza dalla Cgil e da tanti dirigenti del partito. Un’indagine realizzata in Veneto già qualche anno fa dalla Coop Adriatica è arrivata alla conclusione che il 40% dei soci coop potevano essere considerati elettori piuttosto fedeli del centro- destra. Alle cooperative rosse ora ci si iscrive perché danno buoni servizi e offrono prezzi bassi ma poi la separazione con le scelte politiche è nettissima.
Le organizzazioni economiche che rappresentavano il retroterra della sinistra ora camminano per conto proprio, fanno e disfano le alleanze e non hanno bisogno di parenti ingombranti e per di più con le idee annebbiate. Le imprese di costruzioni della Lega Coop, come la Cmb di Carpi, sono apprezzate anche fuori dall’Emilia, in Lombardia per esempio, e sono presenti nei lavori per il Teatro alla Scala o per le infrastrutture di territorio. Nel mercato dell’interinale Lega Coop e Compagnia delle Opere hanno costruito una società comune, Obiettivo Lavoro. La grande crisi non ha spazzato via le coop abituate da sempre a fare da ammortizzatore sociale e così rinunciando agli utili e stringendo la cinghia sono riuscite ad evitare i licenziamenti di massa. A Varese, dove pure opera la più compatta Confartigianato d’Italia, attorno alla Cna girano circa 5 mila imprese. «Più siamo distanti dalla politica più siamo credibili» sostiene il presidente provinciale Davide Parolo, titolare di un’autofficina. La lontananza dai partiti è così pagante che Malavasi pensa che si debba dar vita ad una grande Federazione dei Piccoli che unisca tutte le rappresentanze dei piccoli imprenditori, degli artigiani, dei commercianti e della cooperazione, anche se è evidente che scaverebbe un solco ancora più ampio con il Pd. Ognuno per la sua strada e addio al collateralismo. «La sinistra politica ha sbagliato a snobbare i piccoli, è stato un errore storico privilegiare la Cgil, la Cisl o la Confindustria. La concertazione romana non rappresenta l’interesse generale » dichiara Laura Puppato, sindaco Pd (con partita Iva) di Montebelluna e neo-eletta al Parlamento europeo.
La Puppato è una delle poche eccezioni perché in quasi tutti gli altri distretti industriali il centro-destra prevale. Uno studio fatto lo scorso anno dalla Fondazione Edison ne aveva elencati ben 46 nei quali la coalizione capeggiata da Silvio Berlusconi aveva vinto. Anzi stravinto, visto che in 33 casi la percentuale era stata fra il 73 e il 60%. L’unica eccezione del campione era rappresentata dal distretto delle piastrelle di Sassuolo (caro a Romano Prodi) dove il centro-destra alle politiche si era fermato al 43,4%. Ma ieri nonostante la costante presenza e attenzione di due ex ministri come Pierluigi Bersani ed Enrico Letta, il Comune ha cambiato di segno ed è passato alla destra. «Gli uomini e le donne del Pd non conoscono la realtà della piccola impresa, anzi la disprezzano e quando è l’ora delle urne sono ricambiati con eguale moneta» sostiene il deputato del Pd Nicola Rossi. «È inutile imbarcare i Colaninno e i Calearo quando tutti ricordano le scelte del ministro Visco, la rappresentazione di un fisco totalmente sordo. Ha abbassato l’aliquota dell’Ires e l’ha finanziata riducendo la deducibilità degli interessi passivi. Una mazzata per le piccole imprese che si erano indebitate per fare investimenti. Al momento del voto non si dimentica».
Con il responso delle urne «è stata disarcionata anche la strategia imperniata sul ruolo degli amministratori come Chiamparino, Penati e Cacciari» commenta Carlo Cerami, coordinatore lombardo della Fondazione Italianieuropei che sta per organizzare il 30 a Milano il primo appuntamento pubblico della sinistra dopo il voto. Si parlerà del futuro delle banche italiane e saranno presenti i big del credito e dell’impresa. Ma così non rischiate di avvalorare la tesi leghista che vi presenta come banco-centrici e filo-confindustriali? «Non sarà una passerella per banchieri, cercheremo di costruire un ponte tra finanza e territori. Se imprese e credito non si parlano i piccoli vanno in ulteriore sofferenza» assicura Cerami, ma è cosciente del rischio. Il Pd nei grandi alberghi e la Lega per strada.
In termini di Pil la Lombardia e il Nord Est rappresentano 530 miliardi di euro, il 34% del Pil nazionale, una quota quasi interamente composta da ricchezza prodotta dai privati. Su questa macro- regione dal Ticino a Trieste sventolano le bandiere del centro-destra che si considera tanto forte da poter mettere in calendario per il prossimo anno un derby tra Pdl e Lega per la supremazia in Lombardia e Veneto. Tanto la sinistra non prenderà palla comunque. L’egemonia della destra è così forte da reggere anche agli scossoni dello scontento dei piccoli imprenditori. La crisi, secondo i modelli della scienza politica, dovrebbe avvantaggiare le opposizioni, specie se di sinistra. Invece sta succedendo il contrario, il Pdl non paga dazio e la Lega cresce sullo scontento degli operai che presidiano i cancelli e dei commercianti che rischiano di chiudere.
Annota Rossi: «Chi si stupisce dovrebbe sentir parlare in Parlamento i leghisti. Sui problemi della piccola impresa sono preparatissimi. Pdl e Pd invece in questo si assomigliano, parlano per sentito dire». Secondo Parolo (Cna) la rabbia dei piccoli imprenditori non segna ancora un divorzio dal centro-destra perché comunque «pensano che a palazzo Chigi ci sia un governo amico», nonostante che «sugli studi di settore il governo li abbia lasciati a terra». Ma la spiegazione più tranchant viene da Nicola Rossi: «Non promuovo il governo, tutt’altro. Ma se un artigiano deve scegliere tra Sacconi e Damiano, tra Brunetta e Nicolais che pensate che faccia? Sacconi ha comunque semplificato il regime di assunzioni e licenziamenti e Brunetta a modo suo sta lottando contro la pubblica amministrazione inefficiente. Il Nord a queste cose è attento».
Dario Di Vico
24 giugno 2009
Lombardia e Nordest che producono il 34% del Pil diventano zona «no left»
Già dal nome si capisce che Ivan Malavasi fa parte dell'album di famiglia della sinistra. Iscritto per la prima volta al Pci nel 1967, quando aveva 19 anni, oggi è il presidente degli artigiani della Cna. Quegli artigiani che erano «rossi» e oggi «votano indifferentemente Pdl, Lega e Pd decidendo volta per volta». Dai sondaggi interni, che Malavasi e i suoi fanno di tanto in tanto, viene fuori, infatti, che il voto d’appartenenza non esiste più e gli artigiani della Cna non si sentono in dovere di votare Pd. Anzi. A Varese tra i sette vice-presidenti della Cna meno della metà vota centro-sinistra e grosso modo le stesse proporzioni si ritrovano tra i membri del consiglio provinciale.
La débâcle elettorale dei Democratici nel Lombardo-Veneto si spiega anche così con la diaspora dei «suoi» artigiani che segue la fascinazione leghista sulla classe operaia. Se non ci fossero le amministrazioni di Mantova, Padova e alla Provincia di Rovigo per i progressisti sarebbe un deserto politico, un’immensa zona no left dal Ticino a Trieste. «In queste terre oggi c’è disagio, quasi rabbia, verso la politica e la sinistra paga il prezzo più salato per l’ormai cronica incapacità di interpretare bisogni e aspettative dei ceti produttivi» sostiene Malavasi. Lo scollamento si percepisce anche tra gli otto milioni di iscritti alla Lega Coop. Una volta il voto rosso andava in automatico, oggi non più. Il mondo della cooperazione si sente trascurato dal Pd e i dirigenti della Lega Coop hanno sottoscritto con il governo la riforma del sistema contrattuale, quella avversata con ogni forza dalla Cgil e da tanti dirigenti del partito. Un’indagine realizzata in Veneto già qualche anno fa dalla Coop Adriatica è arrivata alla conclusione che il 40% dei soci coop potevano essere considerati elettori piuttosto fedeli del centro- destra. Alle cooperative rosse ora ci si iscrive perché danno buoni servizi e offrono prezzi bassi ma poi la separazione con le scelte politiche è nettissima.
Le organizzazioni economiche che rappresentavano il retroterra della sinistra ora camminano per conto proprio, fanno e disfano le alleanze e non hanno bisogno di parenti ingombranti e per di più con le idee annebbiate. Le imprese di costruzioni della Lega Coop, come la Cmb di Carpi, sono apprezzate anche fuori dall’Emilia, in Lombardia per esempio, e sono presenti nei lavori per il Teatro alla Scala o per le infrastrutture di territorio. Nel mercato dell’interinale Lega Coop e Compagnia delle Opere hanno costruito una società comune, Obiettivo Lavoro. La grande crisi non ha spazzato via le coop abituate da sempre a fare da ammortizzatore sociale e così rinunciando agli utili e stringendo la cinghia sono riuscite ad evitare i licenziamenti di massa. A Varese, dove pure opera la più compatta Confartigianato d’Italia, attorno alla Cna girano circa 5 mila imprese. «Più siamo distanti dalla politica più siamo credibili» sostiene il presidente provinciale Davide Parolo, titolare di un’autofficina. La lontananza dai partiti è così pagante che Malavasi pensa che si debba dar vita ad una grande Federazione dei Piccoli che unisca tutte le rappresentanze dei piccoli imprenditori, degli artigiani, dei commercianti e della cooperazione, anche se è evidente che scaverebbe un solco ancora più ampio con il Pd. Ognuno per la sua strada e addio al collateralismo. «La sinistra politica ha sbagliato a snobbare i piccoli, è stato un errore storico privilegiare la Cgil, la Cisl o la Confindustria. La concertazione romana non rappresenta l’interesse generale » dichiara Laura Puppato, sindaco Pd (con partita Iva) di Montebelluna e neo-eletta al Parlamento europeo.
La Puppato è una delle poche eccezioni perché in quasi tutti gli altri distretti industriali il centro-destra prevale. Uno studio fatto lo scorso anno dalla Fondazione Edison ne aveva elencati ben 46 nei quali la coalizione capeggiata da Silvio Berlusconi aveva vinto. Anzi stravinto, visto che in 33 casi la percentuale era stata fra il 73 e il 60%. L’unica eccezione del campione era rappresentata dal distretto delle piastrelle di Sassuolo (caro a Romano Prodi) dove il centro-destra alle politiche si era fermato al 43,4%. Ma ieri nonostante la costante presenza e attenzione di due ex ministri come Pierluigi Bersani ed Enrico Letta, il Comune ha cambiato di segno ed è passato alla destra. «Gli uomini e le donne del Pd non conoscono la realtà della piccola impresa, anzi la disprezzano e quando è l’ora delle urne sono ricambiati con eguale moneta» sostiene il deputato del Pd Nicola Rossi. «È inutile imbarcare i Colaninno e i Calearo quando tutti ricordano le scelte del ministro Visco, la rappresentazione di un fisco totalmente sordo. Ha abbassato l’aliquota dell’Ires e l’ha finanziata riducendo la deducibilità degli interessi passivi. Una mazzata per le piccole imprese che si erano indebitate per fare investimenti. Al momento del voto non si dimentica».
Con il responso delle urne «è stata disarcionata anche la strategia imperniata sul ruolo degli amministratori come Chiamparino, Penati e Cacciari» commenta Carlo Cerami, coordinatore lombardo della Fondazione Italianieuropei che sta per organizzare il 30 a Milano il primo appuntamento pubblico della sinistra dopo il voto. Si parlerà del futuro delle banche italiane e saranno presenti i big del credito e dell’impresa. Ma così non rischiate di avvalorare la tesi leghista che vi presenta come banco-centrici e filo-confindustriali? «Non sarà una passerella per banchieri, cercheremo di costruire un ponte tra finanza e territori. Se imprese e credito non si parlano i piccoli vanno in ulteriore sofferenza» assicura Cerami, ma è cosciente del rischio. Il Pd nei grandi alberghi e la Lega per strada.
In termini di Pil la Lombardia e il Nord Est rappresentano 530 miliardi di euro, il 34% del Pil nazionale, una quota quasi interamente composta da ricchezza prodotta dai privati. Su questa macro- regione dal Ticino a Trieste sventolano le bandiere del centro-destra che si considera tanto forte da poter mettere in calendario per il prossimo anno un derby tra Pdl e Lega per la supremazia in Lombardia e Veneto. Tanto la sinistra non prenderà palla comunque. L’egemonia della destra è così forte da reggere anche agli scossoni dello scontento dei piccoli imprenditori. La crisi, secondo i modelli della scienza politica, dovrebbe avvantaggiare le opposizioni, specie se di sinistra. Invece sta succedendo il contrario, il Pdl non paga dazio e la Lega cresce sullo scontento degli operai che presidiano i cancelli e dei commercianti che rischiano di chiudere.
Annota Rossi: «Chi si stupisce dovrebbe sentir parlare in Parlamento i leghisti. Sui problemi della piccola impresa sono preparatissimi. Pdl e Pd invece in questo si assomigliano, parlano per sentito dire». Secondo Parolo (Cna) la rabbia dei piccoli imprenditori non segna ancora un divorzio dal centro-destra perché comunque «pensano che a palazzo Chigi ci sia un governo amico», nonostante che «sugli studi di settore il governo li abbia lasciati a terra». Ma la spiegazione più tranchant viene da Nicola Rossi: «Non promuovo il governo, tutt’altro. Ma se un artigiano deve scegliere tra Sacconi e Damiano, tra Brunetta e Nicolais che pensate che faccia? Sacconi ha comunque semplificato il regime di assunzioni e licenziamenti e Brunetta a modo suo sta lottando contro la pubblica amministrazione inefficiente. Il Nord a queste cose è attento».
Dario Di Vico
24 giugno 2009
martedì 23 giugno 2009
Penati: una vittoria tentata (e quasi riuscita).
Per poco non ce l'ha fatta. Esattamente per 4626 voti. Ed ha vinto a Milano città. Questi i risultati di Filippo Penati (centrosinistra) che ha dovuto cedere la guida della Provincia di Milano a Guido Podestà (centrodestra).
Tutto si è svolto sul filo di lana: una grossa mano a Podestà l'ha data l'hinterland di Milano (Sesto S.G. e Cinisello escluse), dove Podestà ha preso più voti.
Ad elezioni concluse un primo bilancio si può tentare: innanzitutto la rimonta di Penati, che ha evitato volutamente simboli di partito (inteso come manifesti e come uomini) ed ha invitato a scegliere la persona. Non è bastato (perchè scegliere lui e non l'altro, tanto non li conosciamo entrambi... potrebbe domandarsi qualcuno) ma il fatto di correre praticamente in "solitudine" senza l'immagine dei partiti dietro gli ha sicuramente giovato. Il P.d. e in generale il centro-sinistra, a Milano (e nel lombardo-veneto) non tira di certo (vedasi anche la vittoria netta del centrodx per la provincia di Venezia).
Esattamente l'opposto per Podestà dove il simbolo ed il nome Berlusconi gli hanno permesso di vincere. Da sconosciuto qual'era. Non a caso il futuro presidente provinciale ha ringraziato, per primo, anzichè i suoi fedeli elettori, niente di meno che Berlusconi Silvio.
Per quanto riguarda il fronte di centrosinistra, gli unici che possono opporsi allo schieramento Berlusconi+Lega sono dei candidati seri, forti, credibili, che fanno del "pragmatismo" la loro ragion d' essere. E girano il territorio, ne conoscono i problemi, lo rappresentano.
Mi spiego meglio e toccherò un tema "spinoso" per il centrosinistra: la sicurezza.
Penati si è da subito dichiarato favorevole alle cosidette ronde (si, proprio quelle proposte da Maroni, ministro degli Interni), non lasciate in mano ad esaltati ma ad ex-personale di pubblica sicurezza ed a gente preparata. Ha chiesto più agenti per strada a pattugliare, proponendo lo spostamento dei compiti di ufficio a disoccupati o lavoratori in mobilità, opportunamente preparati.
Proposta più che ragionevole. E che risponde alle richieste di presidio del territorio e di impiego di personale in mobilità o disoccupato.
Ha chiesto, senza ottenere, il biglietto unico per tutti i mezzi pubblici di Milano e Provincia. Fermato da Regione e città di Milano (governate, guarda caso, dal centrodestra).
Allora perchè ha vinto Podestà ?
Proverò a dare delle risposte: anzitutto uno che si candida per il centrosinistra, al nord, parte già svantaggiato. Il centro sinistra viene visto come antiquato, non al passo con i tempi, e il P.D. come il partito del "compromesso storico" (erano gli anni '70 però).
Inoltre dall'altra parte c'è un fuoco di fila mica da ridere: l'informazione, anche locale, è spesso asservita al centrodestra (vedasi i dati dell'Osservatorio di Pavia, ad esempio). I soldi per fare la campagna elettorale li ha il centrodestra, che può permettersi gazebo, volantinatori, aperitivi, serate danzanti ecc. ecc.; non che il centrosinistra possa inventarsi qualcosa di alternativo, economico e divertente insieme, ma tant'è...
Penati, Zanonato (sindaco di Padova), Cacciari (sindaco di Venezia) a parte (gente che ha detto chiaramente cosa pensa in tema di sicurezza, esigenze del nord, potere romano ecc....gente che sa dove abita, insomma), il centrosinistra non è in grado di abitare il territorio, di fare proposte interessanti e credibili per l'elettorato (settentrionale)...
I risultati sono sotto gli occhi di tutti (da tempo ormai)
Di San Penati ce n'è uno solo.
Tutto si è svolto sul filo di lana: una grossa mano a Podestà l'ha data l'hinterland di Milano (Sesto S.G. e Cinisello escluse), dove Podestà ha preso più voti.
Ad elezioni concluse un primo bilancio si può tentare: innanzitutto la rimonta di Penati, che ha evitato volutamente simboli di partito (inteso come manifesti e come uomini) ed ha invitato a scegliere la persona. Non è bastato (perchè scegliere lui e non l'altro, tanto non li conosciamo entrambi... potrebbe domandarsi qualcuno) ma il fatto di correre praticamente in "solitudine" senza l'immagine dei partiti dietro gli ha sicuramente giovato. Il P.d. e in generale il centro-sinistra, a Milano (e nel lombardo-veneto) non tira di certo (vedasi anche la vittoria netta del centrodx per la provincia di Venezia).
Esattamente l'opposto per Podestà dove il simbolo ed il nome Berlusconi gli hanno permesso di vincere. Da sconosciuto qual'era. Non a caso il futuro presidente provinciale ha ringraziato, per primo, anzichè i suoi fedeli elettori, niente di meno che Berlusconi Silvio.
Per quanto riguarda il fronte di centrosinistra, gli unici che possono opporsi allo schieramento Berlusconi+Lega sono dei candidati seri, forti, credibili, che fanno del "pragmatismo" la loro ragion d' essere. E girano il territorio, ne conoscono i problemi, lo rappresentano.
Mi spiego meglio e toccherò un tema "spinoso" per il centrosinistra: la sicurezza.
Penati si è da subito dichiarato favorevole alle cosidette ronde (si, proprio quelle proposte da Maroni, ministro degli Interni), non lasciate in mano ad esaltati ma ad ex-personale di pubblica sicurezza ed a gente preparata. Ha chiesto più agenti per strada a pattugliare, proponendo lo spostamento dei compiti di ufficio a disoccupati o lavoratori in mobilità, opportunamente preparati.
Proposta più che ragionevole. E che risponde alle richieste di presidio del territorio e di impiego di personale in mobilità o disoccupato.
Ha chiesto, senza ottenere, il biglietto unico per tutti i mezzi pubblici di Milano e Provincia. Fermato da Regione e città di Milano (governate, guarda caso, dal centrodestra).
Allora perchè ha vinto Podestà ?
Proverò a dare delle risposte: anzitutto uno che si candida per il centrosinistra, al nord, parte già svantaggiato. Il centro sinistra viene visto come antiquato, non al passo con i tempi, e il P.D. come il partito del "compromesso storico" (erano gli anni '70 però).
Inoltre dall'altra parte c'è un fuoco di fila mica da ridere: l'informazione, anche locale, è spesso asservita al centrodestra (vedasi i dati dell'Osservatorio di Pavia, ad esempio). I soldi per fare la campagna elettorale li ha il centrodestra, che può permettersi gazebo, volantinatori, aperitivi, serate danzanti ecc. ecc.; non che il centrosinistra possa inventarsi qualcosa di alternativo, economico e divertente insieme, ma tant'è...
Penati, Zanonato (sindaco di Padova), Cacciari (sindaco di Venezia) a parte (gente che ha detto chiaramente cosa pensa in tema di sicurezza, esigenze del nord, potere romano ecc....gente che sa dove abita, insomma), il centrosinistra non è in grado di abitare il territorio, di fare proposte interessanti e credibili per l'elettorato (settentrionale)...
I risultati sono sotto gli occhi di tutti (da tempo ormai)
Di San Penati ce n'è uno solo.
martedì 9 giugno 2009
Un marocchino può diventare elettricista ?/ 2
Mi ero già occupato della vicenda del giovane marocchino, elettricista, che ha presentato ricorso contro ATM (post del 13 maggio).
Motivo: vorrebbe inviare il suo curriculum all'Azienda Trasporti Milanese (A.T.M.) ma un regio decreto del 1931 glielo impedisce. In A.T.M. possono lavorare solo italiani o cittadini europei. Per legge. Fascista.
L'Atm si difende: nessuna discriminazione verso gli extracomunitari, ma una comprensibile limitazione per motivi di sicurezza. Questo in sintesi, come riferisce l'agenzia Omnimilano, il contenuto della memoria stilata dai legali dell'azienda, gli avvocati Alberto Rho e Claudia Muro, in vista dell'udienza di mercoledì davanti al Tribunale del lavoro.
I motivi di sicurezza sono presto detti: i legali di ATM sostengono che il personale adibito a funzioni così delicate per la sicurezza pubblica deve essere italiano. A supporto di questa tesi (presunta) ATM riporta notizie giornalistiche tra le quali "la pianificazione di un attentato nella metropolitana milanese nel 2006", comparsa su molti quotidiani pochi giorni fa. I potenziali autori: maghrebini.
Senonché sono stati subito smentiti dal procuratore aggiunto di Milano Armando Spataro. Egli seguì la vicenda del "possibile attentato del 2006" definendolo un "vago progetto", neanche arrivato alla fase preparatoria.
Insomma, una persona di nazionalità marocchina, se brava (ripeto, se), regolarmente soggiornante sul territorio italiano, che ha studiato in Italia, NON può competere con i suoi colleghi italiani.
La colpa: dei suoi connazionali, che discutevano di un attentato (e con i quali il giovane non ha nessun legame).
Facendo un parallelo, è come se un italiano all'inizio del '900, negli U.S.A., non avesse potuto fare domanda di lavoro perchè tra i nostri connazionali c'erano (concretamente) diversi mafiosi.
E cosa dire di tutti quei manovali extracomunitari che costruiscono case, strade, ponti ecc. ?
Chiarisco: che nel mercato del lavoro la concorrenza deve essere corretta e su regole comuni (alla voce: legge) questo è un principio sacrosanto.
Ma per questo bisogna partire dal colpire duramente il lavoro nero e chi ci fa i soldi....
Questo, però, è un capitolo "spinoso".
Meglio prendersela con l'aspirante elettricista. Marocchino.
(fonte della notizia: Corriere.it 09.06.09)
Motivo: vorrebbe inviare il suo curriculum all'Azienda Trasporti Milanese (A.T.M.) ma un regio decreto del 1931 glielo impedisce. In A.T.M. possono lavorare solo italiani o cittadini europei. Per legge. Fascista.
L'Atm si difende: nessuna discriminazione verso gli extracomunitari, ma una comprensibile limitazione per motivi di sicurezza. Questo in sintesi, come riferisce l'agenzia Omnimilano, il contenuto della memoria stilata dai legali dell'azienda, gli avvocati Alberto Rho e Claudia Muro, in vista dell'udienza di mercoledì davanti al Tribunale del lavoro.
I motivi di sicurezza sono presto detti: i legali di ATM sostengono che il personale adibito a funzioni così delicate per la sicurezza pubblica deve essere italiano. A supporto di questa tesi (presunta) ATM riporta notizie giornalistiche tra le quali "la pianificazione di un attentato nella metropolitana milanese nel 2006", comparsa su molti quotidiani pochi giorni fa. I potenziali autori: maghrebini.
Senonché sono stati subito smentiti dal procuratore aggiunto di Milano Armando Spataro. Egli seguì la vicenda del "possibile attentato del 2006" definendolo un "vago progetto", neanche arrivato alla fase preparatoria.
Insomma, una persona di nazionalità marocchina, se brava (ripeto, se), regolarmente soggiornante sul territorio italiano, che ha studiato in Italia, NON può competere con i suoi colleghi italiani.
La colpa: dei suoi connazionali, che discutevano di un attentato (e con i quali il giovane non ha nessun legame).
Facendo un parallelo, è come se un italiano all'inizio del '900, negli U.S.A., non avesse potuto fare domanda di lavoro perchè tra i nostri connazionali c'erano (concretamente) diversi mafiosi.
E cosa dire di tutti quei manovali extracomunitari che costruiscono case, strade, ponti ecc. ?
Chiarisco: che nel mercato del lavoro la concorrenza deve essere corretta e su regole comuni (alla voce: legge) questo è un principio sacrosanto.
Ma per questo bisogna partire dal colpire duramente il lavoro nero e chi ci fa i soldi....
Questo, però, è un capitolo "spinoso".
Meglio prendersela con l'aspirante elettricista. Marocchino.
(fonte della notizia: Corriere.it 09.06.09)
lunedì 8 giugno 2009
Rapida analisi elettorale per le Europee nel Nord Italia
A differenza di molti analisti, concentrati sul dato italiano nel suo complesso, vorrei partire nell'analisi dei voti al nord Italia.
CIRCOSCRIZIONE NORD-OVEST (Valle d'Aosta, Liguria, Piemonte, Lombardia): il P.D.L. è fermo al 33 %, il P.D. è al 23 % tallonato dalla Lega Nord al 19,4 %, I.D.V. al 7,3 % e U.D.C. al 5,3 %. I due raggruppamenti più a sinistra (Sinistra e Libertà, Rifondazione e Comunisti Italiani) hanno rispettivamente il 2.1 % e il 3 %.
I dati confermano l'andamento nazionale, con un P.D.L. comunque forte ma in arretramento rispetto alle ultime politiche (sostanzialmente stabile invece confronto alle precedenti europee), il P.D. crollato di 5 punti percentuali dal 28 al 23 per cento. La Lega Nord è il partito, insieme all'I.D.V. di Di Pietro, che guadagna di più. L'U.D.C. rispetto al dato nazionale è un poco ridimensionata, come le liste di sinistra (che a livello nazionale non superano lo sbarramento).
CIRCOSCRIZIONE NORD-EST (Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna): il P.D.L. è al 28,1 %, il P.D. al 28 %, la Lega Nord al 19 %. Ricordo però che la ripartizione dei collegi per le europee comprende regioni politicamente molto diverse come l'Emilia Romagna e il Veneto. Andando a spulciare i dati regionali, infatti, vediamo che in Veneto la Lega Nord, per uno 0,9 % non ce l'ha fatta a scalzare il primato del P.D.L. (fermo al 29 %), mentre segue a distanza il P.D. (terzo partito) al 20 %.
La notizia è che, anche in Lombardia come nel Veneto, il P.D. è il terzo partito, dopo P.D.L. e LEGA NORD. Un dato che dovrebbe far riflettere.
Il lombardo-veneto sta diventando (almeno elettoralmente, ma non solo) sempre più omogeneo. Come volevasi dimostrare.
CIRCOSCRIZIONE NORD-OVEST (Valle d'Aosta, Liguria, Piemonte, Lombardia): il P.D.L. è fermo al 33 %, il P.D. è al 23 % tallonato dalla Lega Nord al 19,4 %, I.D.V. al 7,3 % e U.D.C. al 5,3 %. I due raggruppamenti più a sinistra (Sinistra e Libertà, Rifondazione e Comunisti Italiani) hanno rispettivamente il 2.1 % e il 3 %.
I dati confermano l'andamento nazionale, con un P.D.L. comunque forte ma in arretramento rispetto alle ultime politiche (sostanzialmente stabile invece confronto alle precedenti europee), il P.D. crollato di 5 punti percentuali dal 28 al 23 per cento. La Lega Nord è il partito, insieme all'I.D.V. di Di Pietro, che guadagna di più. L'U.D.C. rispetto al dato nazionale è un poco ridimensionata, come le liste di sinistra (che a livello nazionale non superano lo sbarramento).
CIRCOSCRIZIONE NORD-EST (Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna): il P.D.L. è al 28,1 %, il P.D. al 28 %, la Lega Nord al 19 %. Ricordo però che la ripartizione dei collegi per le europee comprende regioni politicamente molto diverse come l'Emilia Romagna e il Veneto. Andando a spulciare i dati regionali, infatti, vediamo che in Veneto la Lega Nord, per uno 0,9 % non ce l'ha fatta a scalzare il primato del P.D.L. (fermo al 29 %), mentre segue a distanza il P.D. (terzo partito) al 20 %.
La notizia è che, anche in Lombardia come nel Veneto, il P.D. è il terzo partito, dopo P.D.L. e LEGA NORD. Un dato che dovrebbe far riflettere.
Il lombardo-veneto sta diventando (almeno elettoralmente, ma non solo) sempre più omogeneo. Come volevasi dimostrare.
venerdì 5 giugno 2009
Trento: chiedono arretrati, denunciati
La vicenda è una riprova di quello che ho scritto in miei numerosi post.
A Trento, due operai egiziani con documenti irregolari sono saliti in cima ad una gru minacciando di buttarsi giù perchè non ricevevano gli stipendi arretrati.
La ditta in questione è la ditta Laza Costruzione di Padova. I due nordafricani lavoravano nella costruzione di un magazzino presso Mattarello (TN). Dopo circa tre ore di trattative i carabinieri sono riusciti a convincere i due a scendere dalla gru, ma gli operai extracomunitari sono stati denunciati.
Motivazione: violazione della legge sull'immigrazione e occupazione abusiva di area.
Non si ha notizia di alcuna sanzione per la ditta che li faceva lavorare nonostante fossero con documenti irregolari e senza stipendio da ben tre mesi.
(fonte: Corriere.it, 05.06.09)
A Trento, due operai egiziani con documenti irregolari sono saliti in cima ad una gru minacciando di buttarsi giù perchè non ricevevano gli stipendi arretrati.
La ditta in questione è la ditta Laza Costruzione di Padova. I due nordafricani lavoravano nella costruzione di un magazzino presso Mattarello (TN). Dopo circa tre ore di trattative i carabinieri sono riusciti a convincere i due a scendere dalla gru, ma gli operai extracomunitari sono stati denunciati.
Motivazione: violazione della legge sull'immigrazione e occupazione abusiva di area.
Non si ha notizia di alcuna sanzione per la ditta che li faceva lavorare nonostante fossero con documenti irregolari e senza stipendio da ben tre mesi.
(fonte: Corriere.it, 05.06.09)
Berlusconi e la prova dei fatti
Stamattina ho sentito il premier Silvio Berlusconi a "Radio anch'io" su Radio uno. Le domande poste sono state molte, generalmente molto benevole nei confronti del Presidente del Consiglio. Qualcuno, nel porre la domanda, esordiva con un "Egregio", molti i complimenti, molte le persone che si dichiaravano esponenti locali del P.D.L.
Le risposte di Berlusconi sono state generalmente di buon senso, nel senso che sono state quelle che la maggioranza degli italiani avrebbe voluto sentire. Non bisogna dimenticare infatti che Berlusconi ha sempre e costantemente il "polso" della situazione, grazie ad una squadra di sondaggisti che fornisce, in tempo reale, le risposte più gradite all'elettorato.
Ergo: difficile che dica qualcosa di "impopolare".
Il problema è capire se le sue risposte sono poi suffragate dai fatti: e qui ci vorrebbe un giornalismo con la "g" maiuscola, in grado di verificare se le promesse del premier sono state mantenute o meno.
Mi permetto solo di ricordare che, le promesse fatte da Berlusconi nel 2001, nel famoso "contratto con gli italiani" siglato davanti al giornalista Bruno Vespa, non è stato rispettato in nessuno dei cinque punti (fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Contratto_con_gli_italiani)
Il premier aveva allora affermato che, in mancanza del raggiungimento di almeno uno dei cinque punti, non si sarebbe più ricandidato.
Tutti sanno come è finita.
Le risposte di Berlusconi sono state generalmente di buon senso, nel senso che sono state quelle che la maggioranza degli italiani avrebbe voluto sentire. Non bisogna dimenticare infatti che Berlusconi ha sempre e costantemente il "polso" della situazione, grazie ad una squadra di sondaggisti che fornisce, in tempo reale, le risposte più gradite all'elettorato.
Ergo: difficile che dica qualcosa di "impopolare".
Il problema è capire se le sue risposte sono poi suffragate dai fatti: e qui ci vorrebbe un giornalismo con la "g" maiuscola, in grado di verificare se le promesse del premier sono state mantenute o meno.
Mi permetto solo di ricordare che, le promesse fatte da Berlusconi nel 2001, nel famoso "contratto con gli italiani" siglato davanti al giornalista Bruno Vespa, non è stato rispettato in nessuno dei cinque punti (fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Contratto_con_gli_italiani)
Il premier aveva allora affermato che, in mancanza del raggiungimento di almeno uno dei cinque punti, non si sarebbe più ricandidato.
Tutti sanno come è finita.
giovedì 4 giugno 2009
Sgombero che va, sgombero che viene
Mi ero occupato degli sgomberi dei rom a Milano già nei precedenti post. Due le situazioni che di cui avevo scritto: una è quella del cavalcavia Bacula, zona nord-ovest di Milano, e l'altra è quella di Viale Toscana, sempre a Milano.
Nella prima situazione, dopo lo sgombero avvenuto alla fine di marzo, la posa di blocchi di cemento dissuasori, i cumuli di terra, la bonifica dell'area ecc. i rom sono tornati e con una decina di tende hanno rioccupato l'area.
Nell'altra situazione, che sembra la fotocopia iniziale della precedente, il Comune ha provveduto a bonificare l'area ed a recintarla.
Per quanto riguarda la situazione del cavalcavia Bacula (che ricordo si trova nei pressi di Piazzale Lugano) le reazioni della Lega Nord sono state molto dure minacciando, per bocca del consigliere comunale Matteo Salvini, che "se non se ne vanno entro una settimana (periodo utile ai fini elettorali, n.d.a.) li porteremo via noi di peso".
Secondo Palazzo Marino la politica degli sgomberi (21 dall'inizio dell'anno) ha ridotto la presenza di irregolari da 5.000 a 3.500. Sarà vero ?
Nella prima situazione, dopo lo sgombero avvenuto alla fine di marzo, la posa di blocchi di cemento dissuasori, i cumuli di terra, la bonifica dell'area ecc. i rom sono tornati e con una decina di tende hanno rioccupato l'area.
Nell'altra situazione, che sembra la fotocopia iniziale della precedente, il Comune ha provveduto a bonificare l'area ed a recintarla.
Per quanto riguarda la situazione del cavalcavia Bacula (che ricordo si trova nei pressi di Piazzale Lugano) le reazioni della Lega Nord sono state molto dure minacciando, per bocca del consigliere comunale Matteo Salvini, che "se non se ne vanno entro una settimana (periodo utile ai fini elettorali, n.d.a.) li porteremo via noi di peso".
Secondo Palazzo Marino la politica degli sgomberi (21 dall'inizio dell'anno) ha ridotto la presenza di irregolari da 5.000 a 3.500. Sarà vero ?
Europee, questione doppio incarico
Tra i candidati alle europee c'è una categoria particolare e numerosa.
Sono coloro che, oltre a candidarsi alle elezioni europee, si candidano anche per i consigli comunali, provinciali, regionali.
Se a livello italiano non c'è nessuna legge violata (semmai una questione di opportunità: come si fa a fare due cose così impegnative contemporaneamente ? Forse il doppio stipendio ? l'immunità ?) in Europa è diverso: la carica di europarlamentare, infatti, prevede una serie di incompatibilità rispetto ad altre cariche, per evitare "cumuli".
La normativa, infatti, prevede che deputati, senatori ed esponenti del governo di uno Stato membro non possano accedere alla carica di europarlamentare.
A questi la legge italiana aggiunge anche i governatori e gli assessori regionali, i consiglieri provinciali, i presidenti di Provincia e i sindaci dei comuni con più di 15.000 abitanti. Però (e siamo in Italia) c'è la scappatoia: chi sarà eletto al parlamento di Strasburgo potrà mantenere ambedue le cariche fino alla scadenza del mandato italiano. A nessuno viene chiesto di dimettersi prima di presentare la candidatura.
E ora veniamo ai numeri ed ai nomi di chi "abusa" delle doppie candidature: la media tra tutti i candidati alle elezioni europee è del 17 %.
In questa classifica prima è la Lega Nord con il 21 % di doppie candidature, seguita dall'U.D.C. al 19 % e dal P.D. e P.D.L. con il 17% ciascuno. Movimento per le Autonomie (M.P.A.) e la Destra di Storace al 16 % , Sinistra e Libertà al 14 %, mentre i più virtuosi sono quelli dell'Italia dei Valori-Di Pietro con il 5 %.
Tra i nomi spiccano quelli del candidato P.D.L. al comune di Villafranca Lunigiana (MS) che è deputato, sindaco del comune di cui sopra, consigliere al comune di Aulla.
Per quanto riguarda i "famosi" abbiamo Vittorio Sgarbi, candidato al parlamento europeo per M.P.A. - Destra nella circoscrizione isole e sindaco di Salemi (TP), Francesco Storace candidato per La Destra e consigliere comunale a Roma, il sindaco di Gela Crocetta (P.D.) e il consigliere comunale della Lega Nord a Milano Matteo Salvini.
Per quanto riguarda la classifica degli INCOMPATIBILI, coloro cioè che dovranno rinunciare ad un incarico in caso di elezione al parlamento europeo, abbiamo in testa il P.D.L. con 17 candidati su 62.
(fonte dell'articolo: DNEWS, 03.06.09, p. 3)
Sono coloro che, oltre a candidarsi alle elezioni europee, si candidano anche per i consigli comunali, provinciali, regionali.
Se a livello italiano non c'è nessuna legge violata (semmai una questione di opportunità: come si fa a fare due cose così impegnative contemporaneamente ? Forse il doppio stipendio ? l'immunità ?) in Europa è diverso: la carica di europarlamentare, infatti, prevede una serie di incompatibilità rispetto ad altre cariche, per evitare "cumuli".
La normativa, infatti, prevede che deputati, senatori ed esponenti del governo di uno Stato membro non possano accedere alla carica di europarlamentare.
A questi la legge italiana aggiunge anche i governatori e gli assessori regionali, i consiglieri provinciali, i presidenti di Provincia e i sindaci dei comuni con più di 15.000 abitanti. Però (e siamo in Italia) c'è la scappatoia: chi sarà eletto al parlamento di Strasburgo potrà mantenere ambedue le cariche fino alla scadenza del mandato italiano. A nessuno viene chiesto di dimettersi prima di presentare la candidatura.
E ora veniamo ai numeri ed ai nomi di chi "abusa" delle doppie candidature: la media tra tutti i candidati alle elezioni europee è del 17 %.
In questa classifica prima è la Lega Nord con il 21 % di doppie candidature, seguita dall'U.D.C. al 19 % e dal P.D. e P.D.L. con il 17% ciascuno. Movimento per le Autonomie (M.P.A.) e la Destra di Storace al 16 % , Sinistra e Libertà al 14 %, mentre i più virtuosi sono quelli dell'Italia dei Valori-Di Pietro con il 5 %.
Tra i nomi spiccano quelli del candidato P.D.L. al comune di Villafranca Lunigiana (MS) che è deputato, sindaco del comune di cui sopra, consigliere al comune di Aulla.
Per quanto riguarda i "famosi" abbiamo Vittorio Sgarbi, candidato al parlamento europeo per M.P.A. - Destra nella circoscrizione isole e sindaco di Salemi (TP), Francesco Storace candidato per La Destra e consigliere comunale a Roma, il sindaco di Gela Crocetta (P.D.) e il consigliere comunale della Lega Nord a Milano Matteo Salvini.
Per quanto riguarda la classifica degli INCOMPATIBILI, coloro cioè che dovranno rinunciare ad un incarico in caso di elezione al parlamento europeo, abbiamo in testa il P.D.L. con 17 candidati su 62.
(fonte dell'articolo: DNEWS, 03.06.09, p. 3)
mercoledì 3 giugno 2009
Non solo "gossip"
Ho sentito alla radio (radio Parlamento, intorno alle h. 13,30) parlare il presidente dei deputati della Lega Nord on. Cota.
La discorso era incentrato sulle elezioni europee. L'onorevole Cota affermava che negli ultimi tempi si è preferito parlare del "gossip" circa la vicenda Noemi-Berlusconi piuttosto che affrontare i veri temi "europei" della campagna elettorale. E citava il caso "Turchia", con la Lega decisamente contraria al suo ingresso in Europa (al contrario del P.D.L., dove Berlusconi ha ottimi rapporti con il premier turco Erdogan).
Sicuramente c'è del vero nell'affermazione dell'On. Cota. Ma sul perchè forse anche lui dovrebbe farsi qualche domanda.
La vicenda Noemi non si può liquidare certo come giornalismo "spazzatura". Infatti un uomo come Berlusconi, primo ministro in un paese che si definisce "europeo", deve rispondere anche di certi comportamenti pubblici non proprio "limpidi".
La frequentazione di compagnie composte da donne "piacenti" (non specifico e non so in che senso), l'uso (o l'abuso ?) dell'aereo di stato per il proprio "chansonnier" privato Apicella, sono tutti comportamenti criticabili, che non c'entrano nulla con l'importanza, l'esempio e il rigore che un uomo pubblico della sua importanza dovrebbe sempre dimostrare.
Berlusconi è stato oggetto di inchieste giudiziarie e di critiche politiche proprio per l'"invasione" dei suoi numerosi interessi privati nell'esercizio della carica pubblica. E ricordiamoci che "carica pubblica" vuole dire ciascuno di noi.
I nostri diritti, il nostro portafoglio (anche quello dei padani).
Come si può liquidare il tutto come "gossip" ?
La discorso era incentrato sulle elezioni europee. L'onorevole Cota affermava che negli ultimi tempi si è preferito parlare del "gossip" circa la vicenda Noemi-Berlusconi piuttosto che affrontare i veri temi "europei" della campagna elettorale. E citava il caso "Turchia", con la Lega decisamente contraria al suo ingresso in Europa (al contrario del P.D.L., dove Berlusconi ha ottimi rapporti con il premier turco Erdogan).
Sicuramente c'è del vero nell'affermazione dell'On. Cota. Ma sul perchè forse anche lui dovrebbe farsi qualche domanda.
La vicenda Noemi non si può liquidare certo come giornalismo "spazzatura". Infatti un uomo come Berlusconi, primo ministro in un paese che si definisce "europeo", deve rispondere anche di certi comportamenti pubblici non proprio "limpidi".
La frequentazione di compagnie composte da donne "piacenti" (non specifico e non so in che senso), l'uso (o l'abuso ?) dell'aereo di stato per il proprio "chansonnier" privato Apicella, sono tutti comportamenti criticabili, che non c'entrano nulla con l'importanza, l'esempio e il rigore che un uomo pubblico della sua importanza dovrebbe sempre dimostrare.
Berlusconi è stato oggetto di inchieste giudiziarie e di critiche politiche proprio per l'"invasione" dei suoi numerosi interessi privati nell'esercizio della carica pubblica. E ricordiamoci che "carica pubblica" vuole dire ciascuno di noi.
I nostri diritti, il nostro portafoglio (anche quello dei padani).
Come si può liquidare il tutto come "gossip" ?
lunedì 1 giugno 2009
Riso (per ridere).
Siamo alle elezioni provinciali di Milano. Quelle nelle quali il risultato sembra più in bilico, almeno in Lombardia. Il quotidiano "Libero" di Vittorio Feltri, nella pagina di Milano on-line di oggi, riporta le dichiarazioni del candidato di centro-sinistra Filippo Penati ad una trasmissione televisiva mattutina.
Penati racconta che il suo avversario (Podestà, centro-destra) avrebbe regalato dei pacchi di riso con suo il suo logo ad un gazebo presso il Parco delle Cave a Milano.
Bè, l'iniziativa è quantomeno bizzarra. Va bene la crisi, va bene aiutare le famiglie e gli anziani ad arrivare a fine mese, ma questa sa tanto di "elemosina". Per giunta in una città come Milano, dove si può morire di tutto, ma non certo di fame.
Insomma, iniziativa un po' ri(si)cola.
Penati racconta che il suo avversario (Podestà, centro-destra) avrebbe regalato dei pacchi di riso con suo il suo logo ad un gazebo presso il Parco delle Cave a Milano.
Bè, l'iniziativa è quantomeno bizzarra. Va bene la crisi, va bene aiutare le famiglie e gli anziani ad arrivare a fine mese, ma questa sa tanto di "elemosina". Per giunta in una città come Milano, dove si può morire di tutto, ma non certo di fame.
Insomma, iniziativa un po' ri(si)cola.
Nomadi: da una parte all'altra. Chi festeggia e chi no.
Su Repubblica.it di oggi, edizione di Milano, il giornalista Davide Carlucci riferisce del tragitto dei nomadi sgomberati dall'area ex-Marchiondi. Per chi non avesse seguito la vicenda, dopo molti anni è stata sgombrata un'area alla periferia ovest di Milano (quartiere Baggio) che negli anni cinquanta era un istituto per ragazzi (Marchiondi appunto). L'area era diventata rifugio per molti sbandati, nomadi, rom, tossicodipendenti ecc.
Ora i nomadi sono arrivati in Viale Toscana, in un'area tra la linea ferroviaria e uno spiazzo di macerie di un vecchio cantiere. Sono una sessantina, hanno iniziato con tende e qualche baracca. Il copione si ripete: il comitato di quartiere si mobilita, i politici (di zona) si indignano, il vicesindaco festeggia (per lo sgombero dell'ex-Marchiondi) ma la politica milanese, in primis la sua amministrazione comunale, sembra incapace di proporre soluzioni (sgomberi a parte).
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