sabato 17 ottobre 2009

Ma il Nord chiede di tagliare le tasse

Interessante questo articolo tratto da LIBERO, giornale diretto da Maurizio Belpietro.

Ieri la Banca del Mezzogiorno. L’altro ieri il ponte sullo Stretto. Il grande assente è la questione fiscale

di Carlo Stagnaro

E le tasse? Ieri la Banca del Mezzogiorno. L’altro ieri il ponte sullo Stretto. Il giorno prima, l’abolizione delle province che passa in cavalleria. La liberalizzazione dei servizi pubblici locali che si assottiglia, la riforma delle pensioni che si allontana, i sussidi alla Fiat che s’ingrossano, e via elencando. Il grande assente è la questione fiscale.

L’incapacità di intervenire sulle imposte non è solo l’equivalente politico dell’omissione di soccorso, visto lo stato precario in cui versa il tessuto produttivo del paese, ma anche e soprattutto un cedimento molto vicino al tradimento.

Quando, nel 1994, il premier scese in campo, il “nuovo miracolo italiano” era l’aliquota unica, il sogno di tutti i liberisti che solo poche nazioni emergenti hanno messo in pratica (con risultati clamorosi in termini di crescita economica). La rapida parabola del primo governo Berlusconi, la sconfitta del 1996, la lunga marcia nel deserto e infine il ritorno a Palazzo Chigi nel 2001 vaccinarono il centrodestra contro gli entusiasmi ingenui. Ma ancora si parlava di una riforma radicale, quella delle due aliquote al 23 e 33 per cento: Giulio Tremonti, ieri come oggi ministro dell’Economia, se ne andò sbattendo la porta. “Volevo tagliare le tasse e non mi hanno lasciato”. E quando tornò, un anno dopo, si prese almeno un pezzo di rivincita, con una sana potatura alle aliquote. Poi le elezioni, la vittoria per lo zero virgola di Romano Prodi, la controriforma di Tommaso Padoa-Schioppa. Il centrodestra fece le barricate contro l’aumento delle tasse, dichiarò guerra alla politica “tassa e spendi”, e vinse le elezioni nel 2008. Bene bravi bis.

Poi è arrivata la crisi, la sofferenza delle imprese, specie nel nord, si è fatta più acuta, il giogo tributario più soffocante. Perché dando allo Stato metà di quello che s’incassa non si arriva a fine mese, perché il sistema fiscale è fottutamente complesso, perché spesso l’evasione è necessaria per sopravvivere, altro che disonestà. E il governo che fa? Spende e tassa, tale e quale a prima.

Nel 2008, gli italiani hanno regalato all’erario settecentroventitremiliardicinquecentoquarantasettemilioni di euro, pari al 46 per cento del prodotto interno lordo, mentre la spesa pubblica si è spinta ancora più in alto, sfiorando il 49 per cento del Pil. La stretta reale del torchio fiscale è molto più feroce per i contribuenti che non possono o non vogliono evadere, visto che circa un quarto dell’economia italiana è sommersa. A questo si aggiunge l’enorme peso di un numero infinito di norme, che complicano la vita dei cittadini, trasformando in un percorso a ostacoli l’esercizio quotidiano delle loro attività. Secondo la Banca mondiale, l’Italia è il centotrentacinquesimo paese al mondo per semplicità del sistema fiscale: non basta rapinarti, vogliono anche che tu affoghi sotto inutili carte in triplice copia.

Dov’è finito, il Berlusconi che chiamava immorale un prelievo superiore a un terzo della ricchezza prodotta? E che ci sta a fare la Lega, se i suoi parlamentari alzano disciplinati la mano quando si tratta di irrorare il Sud di soldi pubblici, ma sono incapaci di portare a casa quella boccata d’ossigeno di cui la Padania ha dannatamente bisogno? E i manifesti che hanno fatto la fortuna elettorale del Carroccio, il Nord gallina dalle uova d’oro e il Paga e taci somaro lombardo? Il paradosso è che non c’è mai stato, sulla carta, un governo più nordista di questo: Berlusconi, l’uomo del meno tasse per tutti, è leader indiscusso; Umberto Bossi ne è l’alleato più fedele e l’azionista di riferimento della maggioranza; il garante del rapporto tra i due, Tremonti, occupa la poltrona chiave di Via XX Settembre. Pdl e Lega non hanno intercettato il consenso solo per fare ponti o fondare banche: facciano pure, ma non basta e probabilmente non piace. La missione di cui sono stati investiti non è spendere al Sud: è rispondere al Nord. Meno tasse e più semplici. Come Ronald Reagan e Margaret Thatcher. Per questo la gente ha votato Berlusconi. Credevano di comprarsi Kakà: non è che si sono trovati Jankulovski?

Da Libero, 16 ottobre 2009

Nessun commento:

Posta un commento