venerdì 30 ottobre 2009
Palazzi pericolanti, scandalo affitti in nero «Fino a 2 mila euro al mese dagli immigrati»
Ecco chi c'è dietro la proprietà degli edifici abbandonati, covo di illegalità "assortite". (da CORRIERE.IT ed. MILANO del 31.05.09 a firma di Gianni Santucci):
Dormitori abusivi in cinque edifici. Rifiuti e impianti a rischio
Questa storia può cominciare da una domanda: dove vivono i cingalesi che di sera vendono le rose nei ristoranti di Milano? Fino a marzo scorso, quando è arrivato l' ultimo sgombero dei vigili, abitavano quasi tutti in un solo palazzo. Santa Maria del Suffragio, civico 3. Ce n' erano 300, due terzi sono stati allontanati. Dall' esame dei documenti è spuntato però il nome di una società, la Ilma Sas, che possiede tutto lo stabile. Ed è collegata ad altre aziende, della stessa famiglia, proprietarie di almeno altri 4 palazzi, tra i più degradati di Milano. Mettendo insieme i pezzi, si ricostruisce un giro di affitti (in parte) in nero. Dentro stabili che cadono a pezzi. Una rete di proprietà immobiliari borderline dove convivono molti poveri cristi con contratti in regola e abusivi, gente sfruttata e spacciatori. L' altra faccia dell' immigrazione: quella che rende. E ingrassa le casse di società che hanno sede nella Milano più chic, in un palazzo superlusso di via Leopardi. È lì che si trovano gli uffici di Ilma e Certosa-Sangallo, due società in accomandita semplice dell' avvocato Alberto Maddalena e del figlio. Una terza azienda, la Silma, è in via Manzoni. Tra le loro proprietà ci sono il palazzo di Santa Maria del Suffragio, dove la polizia locale ha trovato appartamenti in cui vivevano fino a 20 cingalesi («Pagavano anche 100 euro a testa», dicono i vigili). E poi gli stabili di via Gulli 1 e 3, in cui due anni fa è morto un immigrato per esalazioni di monossido, e gli appartamenti sono «ripetutamente affittati a clandestini e teatro di spaccio e degrado» (come spiega un comunicato del Comune). E ancora, tre piani di un palazzo in viale Espinasse 104, di cui l' amministratore denuncia «manutenzione precaria, condizioni minime d' igiene disattese, alloggi come dormitori clandestini, pericoli per le bombole del gas». E infine la palazzina di via Goldoni 84, oggetto di un esposto a Palazzo Marino che parla di «tetto pericolante, fili vaganti, abbandono, zecche, topi» (in questo caso la proprietà è della sorella dell' avvocato Maddalena). «Non può essere una casualità - spiega De Corato -. Ci troviamo di fronte a una strategia di voluto abbandono, che non può essere più tollerata. Si lucra sulla disperazione degli immigrati e si creano problemi alla città. Chiedo al prefetto una task force per intervenire in queste situazioni». Le società ribattono spiegando al Comune di non essere responsabili delle occupazioni (risultano infatti decine di denunce contro gli abusivi). Al centro di questa storia c' è poi un' anziana donna, Marisa Pedrazzini, che per anni ha riscosso gli affitti per conto di Ilma e Certosa-Sangallo. Tra i documenti raccolti dal Corriere, c' è ad esempio un bollettino per bonifici di Banca Intesa (estranea alla vicenda), che la Pedrazzini ha firmato come ricevuta di 2.600 euro da un certo Eita A. Quel foglietto ha le sembianze di una ricevuta, può ingannare un immigrato. Ma è la prova di un affitto in nero. Tra i fogli spacciati per documenti, c' è poi una proposta di contratto in cui la stessa Pedrazzini riceve 300 euro da Jabar H. Quello però non è un contratto: l' immigrato l' ha capito quando i vigili gli hanno chiesto la documentazione e lui ha scoperto di essere di fatto un abusivo. In questo modo sono nate una serie di denunce presentate a polizia e Finanza da alcuni immigrati. Dicono: «Noi abbiamo sempre pagato, credevamo di essere in regola». Il palazzo in Santa Maria del Suffragio è stato gestito per meno di un anno dallo studio Citarella: «Abbiamo assunto l' incarico con la garanzia che si volesse procedere a ristabilire legalità e trasparenza - spiega Federico Citarella -, ma abbiamo capito che la volontà non era quella». Lo studio ha così lasciato l' incarico. «Nell' arco di nove mesi - continua Citarella - non ci siamo prestati a stipulare nessun nuovo contratto, perché non c' erano condizioni di abitabilità e non si riusciva a ricostruire il contesto dei documenti». Stando alle relazioni di Asl e polizia, negli anni scorsi in quello stabile non avrebbe potuto abitare nessuno. Il palazzo «è così fatiscente e in condizioni tale abbandono - scriveva la questura - da porre in serio pericolo l' incolumità delle persone per eventuali crolli». Ristrutturare costa, affittare a immigrati che accettano di vivere in 20 in un bilocale rende. Così come rende affittare il seminterrato di viale Espinasse alla chiesa «Jesus the anointed one church». Il responsabile sembra talmente contento che nel 2007 ha firmato un biglietto per la signora Pedrazzini in cui spiegava: «A titolo di regalo per averci trovato il seminterrato le consegniamo 3.000 euro in contanti». Con ringraziamenti.
(per la foto si ringrazia: federicagiordani.wordpress.com)
martedì 27 ottobre 2009
Terrorismo: lo “strano” caso di Via Gulli, Milano
Di quello stabile si sapeva tutto: che era abitato da numerose persone con documenti irregolari, che era luogo “di giri strani”, prostituzione, spaccio ecc.
Da un articolo di Marta Bravi per IL GIORNALE, uscito il 26 ottobre 2008, si presentava una situazione molto critica: rifiuti, porte rotte, incendi, spazzatura. L’articolo racconta che “Il blitz di martedì scorso, eseguito da un centinaio di carabinieri, è servito a fare una sorta di “censimento penale“: i militari, impegnati nell’operazione dalle 7 alle 15, sono entrati nei due stabili, con tanto di cani antidroga, identificando i 130 inquilini extracomunitari. Cinquanta di loro sono stati accompagnati in caserma perché senza documenti, 11 arrestati e 20 espulsi”. L’articolo si chiudeva con la promessa del vicesindaco De Corato: «Mentre cerchiamo di individuare il proprietario dello stabile dobbiamo risolvere la questione dal punto di vista igienico. Intimerò alla proprietà di sgomberare lo stabile e di chiuderlo con il cemento armato fino al secondo piano, per impedire, come è avvenuto la settimana scorsa che rientrino».
Bene, però la risposta gli arriva direttamente da un suo collega di coalizione, il capogruppo della Lega Nord a Palazzo Marino, Matteo Salvini. In un intervista al CORRIERE DELLA SERA di due giorni dopo, il consigliere Salvini, chiamati i giornalisti di fronte al palazzo sgomberato la settimana precedente, così afferma: «Oggi stesso - ha affermato l'esponente del Carroccio - chiederò al Prefetto e al Questore che l'intero stabile sia sgomberato e ho ottenuto dalla proprietà la rassicurazione che, dopo l'intervento della forza pubblica, si impegnerà immediatamente a sigillare il palazzo, ad avviare lavori di ristrutturazione e ad affittare gli alloggi a persone per bene». (fonte: Corriere.it, 27 ottobre 2008).
Quindi, mentre De Corato cercava di individuare la proprietà dello stabile, Salvini ci aveva già parlato. Ma evidentemente con poca efficacia. Infatti sarà proprio nel covo di Via Gulli che Mohamed Game, l’attentatore che si è fatto esplodere alla Caserma S. Barbara di Milano, nascondeva “esplosivo, ma anche documenti. Nell'appartamento trasformato in laboratorio per fabbricare bombe dai tre integralisti arrestati a Milano, la polizia ha trovato non solo 40 chili di nitrato d'ammonio da trasformare in esplosivo, ma anche un paio di documenti intestati ad altri islamici”. (fonte: LA REPUBBLICA, 15 ottobre 2009).
Interessante capire chi c’è dietro la proprietà di questo stabile, e di altri stabili “a rischio” a Milano. Le sorprese non finiscono qui. Come nei migliori “gialli”, alla prossima puntata…pardon, post.
(per la foto si ringrazia: www.aragno.net)
domenica 25 ottobre 2009
Il P.D. incontra gli artigiani. Era ora !
Un segnale di una svolta culturale ? Chissà. Ma l'incontro avvenuto a Desio tra i segretari regionali, provinciali di Monza e Brianza e due consiglieri P.D. (uno regionale, l'altro provinciale) ha del sorprendente. I nomi, nell'ordine, sono i seguenti: Brambilla, Martina, Tosi, Ponti. Si sono incontrati lunedì 19 ottobre in quel di Villa Tittoni a Desio (MB) con una cinquantina di artigiani. Questi ultimi hanno potuto esprimere ai quattro appartenenti al Partito Democratico Lombardo le loro aspettative, difficoltà, esigenze: una rete tra aziende ed enti formativi, formazione anche per gli imprenditori, confronto tra imprese, versamenti più dilazionati e deducibilità degli interessi passivi dell'Irap, burocrazia più regolata, introduzione del salario minimo anche per i piccoli artigiani, modifica sulla legge degli appalti pubblici.
Una buona notizia.
(fonte: Il cittadino MB, 24 OTTOBRE 2009, foto VILLA TITTONI, Desio, Mb)
sabato 17 ottobre 2009
Ma il Nord chiede di tagliare le tasse
Interessante questo articolo tratto da LIBERO, giornale diretto da Maurizio Belpietro.
Ieri la Banca del Mezzogiorno. L’altro ieri il ponte sullo Stretto. Il grande assente è la questione fiscale
di Carlo Stagnaro
E le tasse? Ieri la Banca del Mezzogiorno. L’altro ieri il ponte sullo Stretto. Il giorno prima, l’abolizione delle province che passa in cavalleria. La liberalizzazione dei servizi pubblici locali che si assottiglia, la riforma delle pensioni che si allontana, i sussidi alla Fiat che s’ingrossano, e via elencando. Il grande assente è la questione fiscale.
L’incapacità di intervenire sulle imposte non è solo l’equivalente politico dell’omissione di soccorso, visto lo stato precario in cui versa il tessuto produttivo del paese, ma anche e soprattutto un cedimento molto vicino al tradimento.
Quando, nel 1994, il premier scese in campo, il “nuovo miracolo italiano” era l’aliquota unica, il sogno di tutti i liberisti che solo poche nazioni emergenti hanno messo in pratica (con risultati clamorosi in termini di crescita economica). La rapida parabola del primo governo Berlusconi, la sconfitta del 1996, la lunga marcia nel deserto e infine il ritorno a Palazzo Chigi nel 2001 vaccinarono il centrodestra contro gli entusiasmi ingenui. Ma ancora si parlava di una riforma radicale, quella delle due aliquote al 23 e 33 per cento: Giulio Tremonti, ieri come oggi ministro dell’Economia, se ne andò sbattendo la porta. “Volevo tagliare le tasse e non mi hanno lasciato”. E quando tornò, un anno dopo, si prese almeno un pezzo di rivincita, con una sana potatura alle aliquote. Poi le elezioni, la vittoria per lo zero virgola di Romano Prodi, la controriforma di Tommaso Padoa-Schioppa. Il centrodestra fece le barricate contro l’aumento delle tasse, dichiarò guerra alla politica “tassa e spendi”, e vinse le elezioni nel 2008. Bene bravi bis.
Poi è arrivata la crisi, la sofferenza delle imprese, specie nel nord, si è fatta più acuta, il giogo tributario più soffocante. Perché dando allo Stato metà di quello che s’incassa non si arriva a fine mese, perché il sistema fiscale è fottutamente complesso, perché spesso l’evasione è necessaria per sopravvivere, altro che disonestà. E il governo che fa? Spende e tassa, tale e quale a prima.
Nel 2008, gli italiani hanno regalato all’erario settecentroventitremiliardicinquecentoquarantasettemilioni di euro, pari al 46 per cento del prodotto interno lordo, mentre la spesa pubblica si è spinta ancora più in alto, sfiorando il 49 per cento del Pil. La stretta reale del torchio fiscale è molto più feroce per i contribuenti che non possono o non vogliono evadere, visto che circa un quarto dell’economia italiana è sommersa. A questo si aggiunge l’enorme peso di un numero infinito di norme, che complicano la vita dei cittadini, trasformando in un percorso a ostacoli l’esercizio quotidiano delle loro attività. Secondo la Banca mondiale, l’Italia è il centotrentacinquesimo paese al mondo per semplicità del sistema fiscale: non basta rapinarti, vogliono anche che tu affoghi sotto inutili carte in triplice copia.
Dov’è finito, il Berlusconi che chiamava immorale un prelievo superiore a un terzo della ricchezza prodotta? E che ci sta a fare la Lega, se i suoi parlamentari alzano disciplinati la mano quando si tratta di irrorare il Sud di soldi pubblici, ma sono incapaci di portare a casa quella boccata d’ossigeno di cui la Padania ha dannatamente bisogno? E i manifesti che hanno fatto la fortuna elettorale del Carroccio, il Nord gallina dalle uova d’oro e il Paga e taci somaro lombardo? Il paradosso è che non c’è mai stato, sulla carta, un governo più nordista di questo: Berlusconi, l’uomo del meno tasse per tutti, è leader indiscusso; Umberto Bossi ne è l’alleato più fedele e l’azionista di riferimento della maggioranza; il garante del rapporto tra i due, Tremonti, occupa la poltrona chiave di Via XX Settembre. Pdl e Lega non hanno intercettato il consenso solo per fare ponti o fondare banche: facciano pure, ma non basta e probabilmente non piace. La missione di cui sono stati investiti non è spendere al Sud: è rispondere al Nord. Meno tasse e più semplici. Come Ronald Reagan e Margaret Thatcher. Per questo la gente ha votato Berlusconi. Credevano di comprarsi Kakà: non è che si sono trovati Jankulovski?
Da Libero, 16 ottobre 2009
Ieri la Banca del Mezzogiorno. L’altro ieri il ponte sullo Stretto. Il grande assente è la questione fiscale
di Carlo Stagnaro
E le tasse? Ieri la Banca del Mezzogiorno. L’altro ieri il ponte sullo Stretto. Il giorno prima, l’abolizione delle province che passa in cavalleria. La liberalizzazione dei servizi pubblici locali che si assottiglia, la riforma delle pensioni che si allontana, i sussidi alla Fiat che s’ingrossano, e via elencando. Il grande assente è la questione fiscale.
L’incapacità di intervenire sulle imposte non è solo l’equivalente politico dell’omissione di soccorso, visto lo stato precario in cui versa il tessuto produttivo del paese, ma anche e soprattutto un cedimento molto vicino al tradimento.
Quando, nel 1994, il premier scese in campo, il “nuovo miracolo italiano” era l’aliquota unica, il sogno di tutti i liberisti che solo poche nazioni emergenti hanno messo in pratica (con risultati clamorosi in termini di crescita economica). La rapida parabola del primo governo Berlusconi, la sconfitta del 1996, la lunga marcia nel deserto e infine il ritorno a Palazzo Chigi nel 2001 vaccinarono il centrodestra contro gli entusiasmi ingenui. Ma ancora si parlava di una riforma radicale, quella delle due aliquote al 23 e 33 per cento: Giulio Tremonti, ieri come oggi ministro dell’Economia, se ne andò sbattendo la porta. “Volevo tagliare le tasse e non mi hanno lasciato”. E quando tornò, un anno dopo, si prese almeno un pezzo di rivincita, con una sana potatura alle aliquote. Poi le elezioni, la vittoria per lo zero virgola di Romano Prodi, la controriforma di Tommaso Padoa-Schioppa. Il centrodestra fece le barricate contro l’aumento delle tasse, dichiarò guerra alla politica “tassa e spendi”, e vinse le elezioni nel 2008. Bene bravi bis.
Poi è arrivata la crisi, la sofferenza delle imprese, specie nel nord, si è fatta più acuta, il giogo tributario più soffocante. Perché dando allo Stato metà di quello che s’incassa non si arriva a fine mese, perché il sistema fiscale è fottutamente complesso, perché spesso l’evasione è necessaria per sopravvivere, altro che disonestà. E il governo che fa? Spende e tassa, tale e quale a prima.
Nel 2008, gli italiani hanno regalato all’erario settecentroventitremiliardicinquecentoquarantasettemilioni di euro, pari al 46 per cento del prodotto interno lordo, mentre la spesa pubblica si è spinta ancora più in alto, sfiorando il 49 per cento del Pil. La stretta reale del torchio fiscale è molto più feroce per i contribuenti che non possono o non vogliono evadere, visto che circa un quarto dell’economia italiana è sommersa. A questo si aggiunge l’enorme peso di un numero infinito di norme, che complicano la vita dei cittadini, trasformando in un percorso a ostacoli l’esercizio quotidiano delle loro attività. Secondo la Banca mondiale, l’Italia è il centotrentacinquesimo paese al mondo per semplicità del sistema fiscale: non basta rapinarti, vogliono anche che tu affoghi sotto inutili carte in triplice copia.
Dov’è finito, il Berlusconi che chiamava immorale un prelievo superiore a un terzo della ricchezza prodotta? E che ci sta a fare la Lega, se i suoi parlamentari alzano disciplinati la mano quando si tratta di irrorare il Sud di soldi pubblici, ma sono incapaci di portare a casa quella boccata d’ossigeno di cui la Padania ha dannatamente bisogno? E i manifesti che hanno fatto la fortuna elettorale del Carroccio, il Nord gallina dalle uova d’oro e il Paga e taci somaro lombardo? Il paradosso è che non c’è mai stato, sulla carta, un governo più nordista di questo: Berlusconi, l’uomo del meno tasse per tutti, è leader indiscusso; Umberto Bossi ne è l’alleato più fedele e l’azionista di riferimento della maggioranza; il garante del rapporto tra i due, Tremonti, occupa la poltrona chiave di Via XX Settembre. Pdl e Lega non hanno intercettato il consenso solo per fare ponti o fondare banche: facciano pure, ma non basta e probabilmente non piace. La missione di cui sono stati investiti non è spendere al Sud: è rispondere al Nord. Meno tasse e più semplici. Come Ronald Reagan e Margaret Thatcher. Per questo la gente ha votato Berlusconi. Credevano di comprarsi Kakà: non è che si sono trovati Jankulovski?
Da Libero, 16 ottobre 2009
Beata....Beatrice Lorenzin
Ce ne vuole davvero tutta. Per difendere il nostro Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, dall'offesa gratuita lanciata in televisione a Porta a Porta del 7 ottobre scorso, è dovuta intervenire l'on. Beatrice Lorenzin, deputata del P.D.L. La quale, prima ha minimizzato l'accaduto, poi, in un crescendo di toni, urla, tifo ecc. ha detto che anche l'attacco a Rosy Bindi è stato un momento "forte" dello scontro politico e che essere "più belle che intelligenti" fa parte dello scontro partitico...
Ecco qua il racconto dalle cronache del sito della Camera dei Deputati (seduta n° 231 del 13 ottobre 2009):
"PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BEATRICE LORENZIN. Signor Presidente, onorevole Velo, ho ascoltato con attenzione la discussione che ha aperto e ci terrei a rispondere come donna, come esponente del centrodestra e prima di tutto come politico.
Troppo spesso - e questo è un errore che facciamo come donne - invochiamo una difesa di genere non sulle questioni di fatto, ma spesso cadiamo nella tentazione (che non fa il gioco delle donne) di attaccarci ad elementi strumentali che fanno il gioco di una mera lotta partitica che nulla ha a che vedere con la questione femminile e del rispetto delle donne nel nostro Paese (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).
ROBERTO GIACHETTI. Ma cosa stai dicendo?
PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia.
BEATRICE LORENZIN. Questa mancanza di rispetto si vede nel fatto che prima avete invocato e avete richiesto una risposta dalle donne di centrodestra e, nel momento in cui le donne di quest'area del Parlamento vi stanno rispondendo, non siete neanche capaci di starle ad ascoltare. E questo è il vostro atteggiamento sempre, nelle piazze, in quest'Aula, nelle Commissioni e sui giornali (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!
L'onorevole Bindi è un esponente di spicco del centrosinistra è, innanzitutto, un politico, che ricordo, fin da bambina, capace di combattere in modo agguerrito, forte, accettando lo scontro durissimo, essendo essa stessa dura nello scontro politico verbale e non verbale, in ogni luogo, in televisione, alla radio, sulla stampa, nei comizi politici. Quello a cui noi abbiamo assistito è stato semplicemente un momento forte - non dico che non sia stato forte, lo è stato - di dibattito e di scontro tra un esponente di maggioranza e un esponente di minoranza che nulla ha a che vedere con l'appartenenza di genere.
ROBERTO GIACHETTI. Ma che stai dicendo?
BEATRICE LORENZIN. Mi chiedo, care colleghe, cari colleghi, dove eravate con la vostra indignazione quando esponenti donne di questo Governo sono state insultate in ogni modo, con violenza, con pervicacia, con un modo cannibale dalla stampa, da esponenti della vostra stessa opposizione (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
ANNA PAOLA CONCIA. Io l'ho difesa la Carfagna!
BEATRICE LORENZIN. Dove eravate?
ANNA PAOLA CONCIA. Io c'ero!
BEATRICE LORENZIN. Allora, per la causa delle donne facciamo un momento un passo indietro e se vogliamo fare veramente il bene delle donne lavoriamo in queste Aule, nelle nostre Commissioni per portare fatti, leggi a favore delle pari opportunità, a favore del lavoro, contro la violenza, contro la cultura dell'odio, per il rispetto e la dignità della nostra azione politica.
Dobbiamo essere valutate per quello che siamo capaci di fare. In uno scontro politico e dialettico con un mio collega uomo non avrei alcun timore a confrontarmi, non mi sento offesa. Mi sento offesa quando mi vogliono mettere in un ghetto, in un ghetto che non mi appartiene che è quello della minoranza.
Cari colleghi, diciamoci la verità: qui non ha niente a che vedere lo scontro politico verbale tra il Presidente Berlusconi e l'onorevoli Bindi; qui siamo di fronte ad un scontro tutto partitico, tutto di parte, dove non siete capaci di portare un fatto, un'azione, una proposta di governo in questo Parlamento e vi state attaccando a qualsiasi argomento pur di creare scontro nel nostro Paese. E questo non ha niente a che fare con il tema delle donne e della questione femminile in Italia (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)".
Boh, ma che ha detto ? Ha detto che gli insulti di Silvio Berlusconi sono da leggersi all'interno di uno scontro forte, partitico, tra maggioranza ed opposizione ? E allora si insulta ?
Mi spiace, ma non capisco.
domenica 4 ottobre 2009
Smog: in due anni 53 mila malati
Dalla tosse all'asma, fino a bronchiti, attacchi di cuore e ictus. L'imputato: lo smog. Questo è il risultato di uno studio condotto in cinque ospedali di Milano (S.Carlo, Fatebenefratelli, Policlinico, Niguarda, S.Paolo) dall'inizio 2007 alla fine del 2008. Gli accessi al Pronto soccorso per disturbi "potenzialmente correllati all'inquinamento" sono stati 53.514. Ai picchi di agenti inquinanti corrisponde un aumento del rischio di visite nei Pronto Soccorso del 10-15 % in più. Con i costi, in salute e soldi, a lievitare.
(fonte: METRO NEWS su agenzia ADN KRONOS, 1 ottobre 2009)
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